Corte L’Aja: “Italia giudichi i marò, ma risarcisca l’India”

I due marò: Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
I due marò: Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. (ANSA)

ROMA. – Sarà l’Italia – come chiedeva Roma – e non l’India a giudicare i 2 fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati di aver ucciso 2 pescatori il 15 febbraio 2012, al largo delle coste del Kerala. I militari si trovavano infatti nell’Oceano Indiano come “funzionari dello Stato italiano, impegnati nell’esercizio delle loro funzioni, e pertanto immuni dalla giustizia straniera”.

La decisione del Tribunale dell’Aja, chiamato a pronunciarsi sulla giurisdizione del caso, fa esultare il Governo e fa pronunciare ad uno dei fucilieri, Salvatore Girone un liberatorio “finalmente riotteniamo la libertà dopo 8 anni di limbo”. Per Latorre parla la figlia Giulia, e sono parole amare: “qualcuno dovrà chiedere scusa”.

L’Italia dovrà però risarcire l’India per la perdita di vite umane ed i danni subiti. La decisione dell’Aja non chiude dunque la vicenda, ma la riporta in Italia mettendo la parola fine al lungo contenzioso tra Roma e Nuova Delhi.

Tutto ha inizio a metà febbraio di 8 anni fa. Latorre e Girone – con altri 4 colleghi – sono imbarcati sulla petroliera Enrica Lexie per scortarla contro il rischio di attacchi di pirati, frequenti all’epoca in quelle acque, tanto che il Governo italiano ha deciso di inviare militari a bordo per garantire la sicurezza delle navi.

La Lexie è in navigazione verso Gibuti a circa 20 miglia dalle coste indiane, quando incrocia il peschereccio locale Saint Anthony. Secondo le ricostruzioni, i fucilieri lo scambiano per un’imbarcazione pirata e sparano colpi in quella direzione. Il Saint Anthony chiama la Guardia costiera indicando che due pescatori sono stati colpiti ed uccisi: Ajeesh Pink, di 20 anni e Valentine Jelastine, di 44.

Le autorità marittime indiane chiamano la Lexie e le indicano di attraccare al porto di Kochi. Il comandante della nave – punto centrale della vicenda – aderisce alla richiesta. Inizia il braccio di ferro. Il 17 febbraio la nave viene posta in stato di fermo. Il 19 l’arresto dei due fucilieri con l’accusa di omicidio.

Dopo lunghe e complesse vicissitudini giudiziarie e diplomatiche e alcuni mesi vissuti da ‘prigionieri’ nell’ambasciata italiana di Nuova Delhi, nel settembre 2014 Latorre rientra in Italia dopo essere stato colpito da un’ischemia, mentre Girone dovrà attendere il maggio del 2016.

A dirimere la controversia viene chiamato il Tribunale dell’Aja, che deve decidere non nel merito dei fatti accaduti ma sull’attribuzione della giurisdizione. Oggi la sentenza. I due fucilieri godono dell’immunità in quanto funzionari dello Stato italiano nell’esercizio delle proprie funzioni, la tesi sostenuta da Roma in tutte le sedi giudiziarie. Non saranno cioè giudicati dall’India, ma toccherà alla procura di Roma riavviare il procedimento aperto per omicidio volontario.

I giudici dell’Aja hanno anche stabilito che l’Italia ha violato la libertà di navigazione e dovrà quindi compensare l’India per la perdita di vite umane, i danni fisici, il danno materiale all’imbarcazione e il danno morale sofferto dal comandante e altri membri dell’equipaggio del peschereccio indiano.

Al riguardo, il Tribunale ha invitato le due Parti a raggiungere un accordo attraverso contatti diretti. L’Italia, fa sapere la Farnesina, è pronta ad adempiere “con spirito di collaborazione”. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, esprime “soddisfazione”. Il premier Giuseppe Conte parla di “buona notizia”, mentre per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, “oggi si mette un punto definitivo a una lunga agonia. Un abbraccio ai nostri due marò e alle loro famiglie”.

Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini rivolge “un affettuoso pensiero ai nostri due marò e alle loro famiglie per i difficili momenti che hanno vissuto”. Anche l’opposizione è soddisfatta. “L’India ha vinto il caso”, secondo il ministero degli Esteri di Nuova Delhi, che cita il risarcimento dovuto dall’Italia.

(di Massimo Nesticò/ANSA)