Istat: crolla la spesa delle famiglie, balzo risparmi

Gente facendo la spesa in una strada di Palermo.
Gente facendo la spesa in una strada di Palermo. ANSA / Ignazio Marchese

ROMA.  – Gli effetti dell’emergenza Covid si sono fatti sentire sul fronte consumi sin dall’inizio dell’anno. É bastato marzo, primo mese di lockdown, a determinare lo stravolgimento della gestione economica all’interno delle famiglie italiane.

I consumi crollano, come era inevitabile, visto che sono rimasti aperti solo supermercati, farmacie e poco altro. Una caduta senza precedenti, del 6,4% rispetto all’ultimo trimestre del 2019.

Fin qui dall’Istat arrivano conferme, ma l’Istituto di statistica rileva anche che, seppure sempre di segno meno si tratti, per i redditi si è riusciti a tamponare le perdite. E così il potere d’acquisto, che ha potuto avvantaggiarsi di un’inflazione quanto meno inesistente.

La conseguenza? Un aumento dei risparmi, o meglio della fetta di risorse che ogni famiglia mette in cascina. Il tasso in questo caso ritorna ai valori più alti da quindici anni. Cosa che, spiega l’Istat, è stata possibile grazie alle “misure di sostegno ai redditi introdotte per contenere gli effetti negativi dovuti all’emergenza sanitaria”.

I provvedimenti messi in campo della Fase 1 “hanno limitato in misura significativa la caduta del reddito disponibile e del potere di acquisto delle famiglie”, è il commento dell’Istituto. A cominciare dalla cassa integrazione. Un sollievo per le famiglie, anche se le casse dello Stato ne hanno risentito. Il deficit in rapporto al Pil è schizzato al 10,8%.

La riduzione del Prodotto interno lordo determina anche un aumento del fardello della tasse: la pressione fiscale sale al 37,1%, che può apparire come una percentuale non altissima. Nei primi tre mesi dell’anno, però, i prelievi hanno tradicionalmente un’entità ridotta, raggiungendo il picco nell’ultimo trimestre. In effetti, guardando ai mesi invernali, negli anni presenti nelle serie Istat un livello così non si era mai registrato prima.

Si fanno sempre più definiti i contorni di quel è accaduto nel momento in cui il Coronavirus ha preso a diffondersi. Quel che conta però è il futuro. E le stime sul clima di fiducia a giugno fanno ben sperare. l’Istat rileva un recupero, soprattutto per le famiglie. Le aziende per ora restano invece più fredde. Certo l’ottimismo è riposto nel futuro più che nel presente. La voglia di ripartire probabilmente spinge a vedere il bicchiere mezzo pieno. Dai consumatori arriva un segnale più deciso, con l’indice che torna a superare la soglia 100. Per le imprese l’asticella si porta a 65 punti.

Per l’Istituto si tratta dei primi germogli “di ripresa dopo il crollo record registrato nei mesi precedenti”. Addirittura l’indagine nel mese di aprile è stata sospesa. La situazione tuttavia rimane critica, la fiducia tra le imprese, nonostante la risalita diffusa un po’ su tutti i settori, “permane su livelli storicamente contenuti”.

Confcommercio invita a non cedere a una lettura entusiastica dei dati. A giugno si vedono, ammette l’associazione, “ulteriori segnali di uscita dalla fase eccezionale”. Ma ci troviamo in una terra di mezzo, “verso una nuova normalità densa di incognite”.

A intimorire è il fronte lavoro. “I provvedimenti di supporto all’occupazione nascondono, per adesso, il riflesso della caduta dell’attività economica sui posti”, chiarisce Confcommercio.

Insomma finché c’è la Cig e il blocco dei licenziamenti è garantita una certa tentata dei redditi. L’Istat nel primo trimestre segna non a caso un arretramento che si ferma all’1,6%, che diventa appena più marcato, – 1,7%, guardando alla capacità di spesa. E poi ci sono comparti che ancora soffrono.

Confesercenti, che fa notare come il turismo veda ancora “nero”, rilancia il taglio “selettivo” dell’Iva e la proroga dei sostegni al lavoro. La riduzione dell’imposta sul lavoro aggiunto trova ovviamente il pieno consenso anche delle associazioni dei consumatori.

(Marianna Berti/ANSA)

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