Annullato il festival che celebra il ciclo della dea Sati

Replica di un elefante con mascherina in una strada di Chennai per sensibilizzare ai cittadini sul coronavirus.
Replica di un elefante con mascherina in una strada di Chennai per sensibilizzare ai cittadini sul coronavirus. (El Pais)

NUOVA DELHI.  – Non c’erano riuscite le epidemia di colera, le guerre, le ribellioni contro i dominatori: c’è voluto il coronavirus per far sospendere molti pellegrinaggi indiani, appuntamenti annuali che, per milioni di fedeli indù, costituivano il momento più importante dell’anno.

Il timore del virus ha annullato una delle rare celebrazioni del potere e dell’energia creativa femminile: l’ultima vittima del contagio è infatti l’Ambubachi Mela, la festa per l’arrivo annuale “delle mestruazioni” della dea Sati, la compagna di Siva, venerata nel tempio di Kamakhya, in Assam.

Non si sa cosa accada effettivamente quando, ogni anno, dal 21 al 24 di giugno, in coincidenza col solstizio d’estate, la statua di pietra della dea manifesta perdite rossastre, simili a mestruazioni: un fenomeno di ossidazione del ferro contenuto nella pietra, dovuto al periodo dei monsoni, un espediente dei sacerdoti che usano polveri vermiglie; sia come sia, il tempio è uno dei luoghi indiani in cui si venera la potenza femminile.

Il festival, uno dei riti più misteriosi della disciplina tantrica, che ogni anno richiamava due milioni e mezzo di fedeli, anche da paesi stranieri, ha contribuito, tra l’altro, ad alleggerire nella zona il tabù verso le mestruazioni femminili, molto pesante nel resto del paese.

Per la prima volta dopo quasi 5 secoli, in queste ore i marciapiedi attorno al tempio sono deserti: per decisione del trust che lo governa, non ci sono bancarelle, fachiri, mendicanti, eremiti; niente pellegrini o turisti venuti da lontano. I soli autorizzati a celebrare i riti, da ieri mattina all’alba fino al 24 notte, sono i sacerdoti, chiusi dentro un recinto, inaccessibile. Mentre i fedeli non potranno contendersi i pezzetti di stoffa intrisi del prezioso liquido scarlatto che, per una volta, invece che impuro, viene ritenuto di buon augurio.

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