Reading piange 3 vittime, flop su sorveglianza killer

Il parco dove è avvenuto l'accoltellamento.
Il parco dove è avvenuto l'accoltellamento. KEYSTONE/AP/Jonathan Brady

LONDRA.  – Hanno un nome tutte e tre le persone uccise a coltellate nel sanguinoso attacco compiuto sabato in un parco di Reading, storica città dell’Inghilterra meridionale nella contea del Berkshire, dal 25enne rifugiato libico Khairi Saadallah.

Arrestato dalla polizia dopo aver ferito gravemente anche altri tre passanti e accusato ora di terrorismo nell’ambito di un’indagine che deve peraltro far luce ancora su molti punti: incluse le sempre più gravi evidenze delle turbe psichiche attribuite al killer.

I buchi neri e i demoni del profilo di Saadallah sono al centro del lavoro dei detective, coperto ad oggi dal riserbo investigativo, come ha rimarcato la ministra dell’Interno Priti Patel ai Comuni dopo aver partecipato a Reading, con una vasta rappresentanza di cittadini e autorità, ai 2 minuti di silenzio osservati stamane in ricordo delle vittime.

Vittime ben conosciute in una comunità variegata e multietnica, ma certo non da metropoli. I loro nomi sono James Furlong, 36enne insegnante amatissimo dagli studenti di una high school della vicina Wokingham, dove pure si è svolta una commemorazione commossa; Joe Ritchie-Bennett, 39enne americano di Filadelfia, trapiantato nel Regno da 15 anni; e David Wails, l’ultimo a essere identificato.

Tre persone miti, nel ricordo di familiari e amici, sorpresa dall’insensata furia omicida di Saadallah mentre chiacchieravano o bevevano una birra nel verde in una chiara serata d’inizio estate. In comune, Furlong e Ritichie-Bennet avevano

“l’orgogliosa appartenenza” alla comunità gay della zona (il marito britannico di Joe era morto di cancro pochi anni orsono), come nota un sito Lgbt britannico, Pinknews, e confermano i loro cari. Elemento a disposizione evidentemente anche della polizia della Valle del Tamigi e dell’antiterrorismo, che al momento non avanzano tuttavia l’ipotesi di una matrice omofoba all’origine di un attacco apparso inizialmente non mirato, con almeno tre diversi gruppi presi di mira “a casaccio” dall’accoltellatore; ma che neppure escludono nulla o si sbilanciano su alcunché.

In queste ore Sadallah continua intanto a essere interrogato “in custodia”, come ha sottolineato la ministra Patel in Parlamento. Elogiato il coraggio dell’agente che lo ha placcato, di tutti i servizi di emergenza e di tanti cittadini, Patel ha parlato poi di un attacco “orrendo”, ma isolato, evocando rischi “contenuti”, seppur con la necessità che la gente resti “vigile” e che gli apparati di sicurezza e il sistema legale si adeguino “alle diverse forme di terrorismo” o all’evoluzione di pericoli noti.  “Ci sono lezioni da imparare”, ha osservato riprendendo pari pari le parole del premier Boris Johnson, sia “per fare giustizia”, sia per allontanare minacce analoghe “in futuro”.

Sullo sfondo tornano d’altronde gli interrogativi sulla sorveglianza di ex detenuti come Khairi Sadallah (o come Usman Khan, autore di un raid non troppo diverso a London Bridge nel novembre scorso, in seguito al quale il governo Tory aveva già sbandierato un giro di vite contro le scarcerazioni “facili”).

Interrogativi che nel caso del 25enne libico s’intrecciano con una biografia e con fattori quanto mai contraddittori. Tra i dettagli emersi nelle ultime ore, rivelati ai media da fonti mediche, quello della diagnosi di sindrome da disordine postraumatico, depressione e schizofrenia.

Mentre si chiarisce la ricostruzione del suo passato britannico: con l’arrivo nel 2012 a 17 anni come richiedente asilo, l’inclinazione poco islamica a bere, fumare, oltre che fare a botte e vivere per strada, gli arresti e le condanne per reati “minori”, la mancata espulsione nel Paese d’origine motivata ufficialmente dalla situazione di conflitto in Libia, l’ultimo rilascio risalente a poche settimane fa.

Il riassunto di una vita difficile e sospetta, tra fanfaronate (incluso il racconto di aver combattuto adolescente contro le forze di Gheddafi nella guerra civile del 2011, racconto smentito seccamente da una sua cugina) e voci di una fantomatica conversione al cristianesimo in prigione nate, pare, dal banale tatuaggio di una croce.

Ma anche aspetti più seri come il richiamo l’anno scorso dell’attenzione dei servizi segreti interni dell’MI5 di fronte a indicazioni di piani di partenza verso la Siria con intenzioni jihadiste.

Intenzioni che gli 007 – costrette a vigilare 3.000 presunti radicali nel Regno di oggi su un bacino di almeno 40.000 casi potenziali – avevano infine archiviato come segnale di pericolo non sufficientemente concreto. Salvo essere smentiti sabato sera.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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