Rugby inglese dice no a inno tifosi: “´É schiavista”

I giocatori d' Italia cantano l'inno nazionale prima della partita di Rugby Sei Nazioni contro la Scozia nello stadio Olimpico di Roma.
I giocatori d' Italia cantano l'inno nazionale prima della partita di Rugby Sei Nazioni contro la Scozia nello stadio Olimpico di Roma. (ANSA/CLAUDIO BOSCO)

LONDRA.  – “Swing Low, Sweet chariot”, l’inno non ufficiale dell’Inghilterra di rugby, potrebbe presto essere bandito da Twickenham dopo che la Federrugby inglese ha deciso di riesaminare la canzone per i suoi legami con lo schiavismo.

Ormai diventato uno dei più famosi inni della palla ovale, “Swing Low, Sweet chariot” non è stato scritto da un inglese, ma da Wallis Willis, uno schiavo della popolazione dei choctaw, vissuto nell’Oklahoma del secondo ‘800.

Inciso per la prima volta ad inizio ‘900, il brano era stato riproposta negli anni ’60, durante le lotte per i diritti civili, per via dei suoi versi ispirati all’oppressione e alla voglia di libertà.

Nel mondo del rugby ha fatto il suo ingresso nel 1987, in omaggio a Martin Offiah, soprannominato “Chariots”, il primo rugbista nero a debuttare nella nazionale della Rosa Rossa.  Da allora ha accompagnato l’Ingihlterra del rugby in ogni incontro.

Negli ultimi giorni, però, a seguito della morte, il 25 maggio, di George Floyd e delle tensioni registrate in molti paesi, l’uso dell’inno da parte dei tifosi inglesi ha sollevato dubbi e discussioni, dividendo l’opinione pubblica così come gli stessi giocatori.

“‘Swing Low, Sweet Chariot’ fa parte della cultura del rugby ormai da diversi decenni, ed è cantata da moltissime persone consapevoli delle sue origini – ha commentato la RFU attraverso un comunicato -. Attualmente stiamo riconsiderando il suo contesto storico così come la nostra responsabilità nell’educare i tifosi a prendere decisioni informate”.

In soccorso all’inno è corso Maro Itoje, nazionale inglese di origini nigeriane: “Non credo che nessuno a Twickenham lo abbia mai cantato con cattive intenzioni”. Al di là dell’inno, però, la RFU ha assicurato di voler “incoraggiare una maggiore partecipazione da parte di tutti gli appassionati di rugby, per promuovere più diversità in tutte le aree del gioco”.

Attualmente l’ex internazionale Maggie Alphonsi è l’unica dirigente di colore tra i 55 membri del consiglio federale inglese.

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