Zingaretti nel mirino del Pd. Conte tenta lo sprint di luglio

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato.
Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato, Roma 10 settembre 2019. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – Il primo draft del Recovery Plan italiano. Il Consiglio Ue sul Recovery Fund. Il successivo voto in Parlamento sul pacchetto di aiuti europei. Su questi tre pilastri, a luglio, Giuseppe Conte si gioca il suo destino. Un destino che corre sul filo, visto che tutti e tre pilastri sono fortemente instabili. Accelerare, per il premier, è una necessità politica. Lo stallo, non fa che alimentare le tensioni interne ai partiti di maggioranza.

Nel M5S, la scalata di Alessandro Di Battista è stata solo “congelata” mentre nel Pd si apre a sorpresa, innescato dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori, un dibattito sulla leadership di Nicola Zingaretti. Dibattito che rischia di destabilizzare ulteriormente maggioranza ed esecutivo e che intanto apre una accesa discussione tra i dem, con Tommaso Nannicini favorevole all’apertura di un confronto dopo le amministrative e la difesa da parte del segretario dell’ala governative dei democratici, a partire da Dario Franceschini.

Per il capo del governo, insomma, la mission è arrivare a settembre con un cammino solido. Sarà, certamente, un autunno caldo. Al rischio della crisi economica sociale si aggiungono le Regionali e il voto sul referendum, il “congresso” del M5S, previsto tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, il possibile scoppiare della guerra interna ai Dem.

Eppure, il premier Conte ostenta tranquillità. Si presenta al punto stampa di Villa Pamphilj piuttosto soddisfatto del clima registrato nel Consiglio Ue. Fonti presenti all’incontro parlando di un Mark Rutte più colomba che falco e di un atteggiamento aperturista di Slovacchia e Polonia, che potrebbe fare da apripista a un cambio di atteggiamento anche nei Paesi “frugali”.

Conte vuole l’accordo a luglio: non può permettersi ulteriori rinvii.Il rischio è che il Consiglio Ue riveda al ribasso il piano Next Generation Ue e, non a caso, il premier non nega la possibilità che l’Italia minacci, come controffensiva, il veto sul quadro pluriennale finanziario.

“Non voglio neppure pensare a una simile eventualità”, si limita ad affermare il capo del governo che, parlando forse anche al M5S, tiene a precisare come tra la richiesta del Mes da parte dell’Italia e il sì di Bruxelles al Recovery Fund non ci sia alcun collegamento.

Ma una connessione, tra i diversi strumenti messi in campo dall’Ue, c’è. E sarà quel voto delle Camere che, salvo cambi di strategia riguarderà tutto il pacchetto di aiuti. Un modo, anche, per placare le divisioni interne al M5S nel quale i “governisti” puntano ad un sì al Mes che abbia poche defezioni e che, comunque, sia annacquato dall’ok al ben più agognato Recovery Fund.

Non sarà facile, per Conte. Il premier continua a non cambiare linea, affidando al Parlamento, e quindi alla maggioranza la decisione sul Mes (“continua a non decidere”, protesta Mariastella Gelmini) ma un primo voto in Parlamento ci sarà a ridosso del Consiglio Ue di metà luglio.

Sarà sulle risoluzioni alle comunicazioni di Conte in Aula e nella maggioranza dopo quanto accaduto ieri a Palazzo Madama, sono ormai certi che il centrodestra piazzerà le sue trappole. Non a caso Vito Crimi su Facebook avverte: “dividerci, in questa tempesta, causerebbe una ferita difficilmente sanabile”.

Il capo politico parla soprattutto al suo Movimento, nel quale la frattura tra Di Battista e i governisti sembra essere rientrata ma l’ex parlamentare non è certo tornato al silenzio. E ben presto, tra i Cinque Stelle, tonerà ad emergere il bivio più grande: affidarsi a una sorta di segreteria o continuare con la figura solitaria del capo politico?

La novità è che le acque si stanno agitando anche nei Dem dove emerge, in queste ore, la fronda che vuole il cambio di leaderhsip. “Serve una rivoluzione”, chiedono i Giovani Turchi, stoppati però da Dario Franceschini e da Base Riformista, che chiudono: “Zingaretti ha ricevuto un mandato pieno”.

Nel frattempo Conte giunge al rush finale degli Stati Generali. Domani toccherà alle partecipate. Domenica la conferenza stampa finale. Ma per dare un senso alla kermesse di Villa Pamphilj il premier dovrà ultimare, entro i primissimi giorni di luglio, un primo Recovery Plan.

Sarà un piano tutto incentrato su imput agli investimenti e infrastrtture, sul quale nei prossimi giorni il governo lavorerà parallelamente al decreto semplificazioni. E l’obiettivo di Conte è portare il piano a Bruxelles: un jolly per piegare il muro dei “frugali” e lo scetticismo dei grandi d’Europa.

(Michele Esposito/ANSA)

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