Naufragio in Tunisia, strage di donne e bimbi migranti

Migranti arrivati in un barcone a Mogan, Gran Canaria, Apagna a maggio scoros. Immagine d'archivio,
Migranti arrivati in un barcone a Mogan, Gran Canaria, Apagna a maggio scoros. Immagine d'archivio, EPA/Elvira Urquijo A.

ROMA.  – Ci sono voluti due giorni per recuperare i corpi dei migranti vittime dell’ultima tragedia del Mediterraneo, avvenuta lunedì davanti alle coste della Tunisia.

Tra i cadaveri ripescati tante donne, una anche incinta, un paio di bambini piccoli, una decina di uomini; in tutto una cinquantina di persone, probabilmente tutti o quasi gli occupanti del barcone, che poteva contenerne a malapena una ventina, naufragato al largo di Sfax.

Non si è salvato nemmeno il timoniere tunisino, forse l’organizzatore del viaggio che aveva per meta l’Italia, probabilmente Lampedusa, interrotto, forse dal mare in burrasca, poco dopo la partenza.

Alla fame e alle guerre si è aggiunta la pandemia, e le partenze di migranti sono riprese: un aumento del 156%, tra gennaio e oggi, dalle sole coste tunisine, secondo l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu. E che fa tornare alla ribalta temi politici accantonati durante l’emergenza coronavirus, come la revisione del salviniano dl Sicurezza, che ora il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese chiede di riprendere in mano.

Il barcone era partito lunedì dal porto di Sfax con 53 persone a bordo, quasi tutti subsahariani e, secondo quanto ricostruito dal direttore regionale della protezione civile tunisima, Mourad Mechri, è naufragato lo stesso giorno nello specchio di mare tra El Louza e Kraten, al largo delle isole Kerkennah.

Drammatica la scena del naufragio nei racconti dei soccorritori della Marina tunisina: tra i corpi emersi dall’acqua quelli di oltre una ventina di donne, una delle quali in stato avanzato di gravidanza. E quelli di due bambini intorno ai due-tre anni. Per portarli tutti a riva ci sono voluti due giorni. Nessun superstite. Un’indagine è stata aperta in Tunisia per identificare gli organizzatori della traversata.

Hanan Hamdan, rappresentante dell’Unhcr in Tunisia, si dice “rattristato” e “preoccupato per questa nuova tendenza nelle partenze. Dobbiamo fornire alle persone alternative significative che possano impedire scelte estreme nella ricerca di una vita migliore”.

Secondo le statistiche dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), 110.699 persone sono riuscite a attraversare il Mediterraneo sui barconi nel 2019 (6.000 in meno dell’anno prima) e 1.283 sono morti nel tentativo.

In questo contesto interviene il ministro dell’Interno Lamorgese, che riferisce di “segnali positivi” in arrivo dall’Unione europea sull’attività di ricerca e soccorso condotta dalle ong del Mediterraneo, volti a fissare “standard tecnici omogenei e a responsabilizzare gli Stati di bandiera”.

E ora, conclude, “il lavoro fatto dal Viminale già prima del Covid” sulla revisione dei decreti sicurezza firmati da Matteo Salvini “può essere ripreso con modalità individuate dal Governo in un contesto meno caratterizzato dall’emergenza”. (ANSA).

(di Domitilla Conte/ANSA)

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