A Chicago 18 omicidi in 24 ore, record in 60 anni

Agenti della polizia di Chicago. Immagine d'archivio.
Agenti della polizia di Chicago. Immagine d'archivio. (ANSA)

NEW YORK.  – Chicago é tornata ai tempi di Al Capone. Domenica 31 maggio nella cittá dell’Illinois sono stati registrati 18 omicidi in ventiquattr’ore, il tasso più alto degli ultimi 60 anni. Secondo i numeri diffusi da Max Kapustin, direttore della ricerca dell’University of Chicago Crime Lab (che raccoglie i dati dal 1961) il record precedente risaliva al 4 agosto 1991, quando sono state uccise 13 persone.

Le vittime – riferisce l’ufficio del medico legale – avevano dai 18 ai 39 anni. Tra di loro c’erano un padre, uno studente di liceo, una matricola del college.

In quei giorni a Chicago, come nel resto d’America, erano in corso le proteste per l’uccisione dell’afroamericano George Floyd a Minneapolis. Proteste spesso sfociate in disordini e violenze. E la situazione in cittá era talmente drammatica che – spiega il Chicago Sun-Times – in tutto il fine settimana, dal 29 al 31 maggio, le persone uccise sono state 25, e altre 85 sono rimaste ferite con colpi di arma da fuoco.

La maggior parte delle vittime di omicidi a Chicago, cosí come i sospettati, sono giovani e neri. Se negli inizi degli anni Novanta si registravano anche 900 omicidi l’anno, il numero é recentemente diminuito parecchio, insieme alle sparatorie della polizia: nel 2016 ci sono stati 764 omicidi e 12 sparatorie mortali che hanno visto coinvolti gli agenti, contro i 492 omicidi e tre sparatorie mortali dell’anno scorso. Ma quello preso in considerazione é stato il weekend piú violento a Chicago in tutta la sua storia moderna.

“Non abbiamo mai visto niente del genere”, ha spiegato Kapustin. “É come una bomba a orologeria qui”, ha avvertito invece il reverendo Michael Pfleger, che guida la St. Sabina Church ad Auburn Gresham. “Sabato, e in particolare domenica, ho sentito la gente dire ‘non c’è polizia da nessuna parte, la polizia non sta facendo nulla’”, ha proseguito, sottolineando che l’uccisione di Floyd ha semplicemente portato alla ribalta la “disperazione e rabbia” provate da coloro che vivono in comunità disagiate.

“Le persone sono al limite, sono arrabbiate, sono povere e non sanno nemmeno quando questo cambierà”, ha spiegato ancora Pfleger.

(di Valeria Robecco/ANSA)