Vendetta Iran per Soleimani, “impiccheremo la spia Usa”

Manifestazioni di protesta a Teheran con la foto di Soleimani.
Manifestazioni di protesta a Teheran con la foto di Soleimani. Immagine d'archivio. EPA/ABEDIN TAHERKENAREH

ISTANBUL.  – La vendetta dell’Iran per Soleimani piomba sulle speranze di disgelo con gli Stati Uniti. A oltre cinque mesi dal raid americano a Baghdad in cui fu ucciso il comandante delle forze d’élite Qods dei Pasdaran, le autorità di Teheran annunciano che impiccheranno una “spia di Stati Uniti e Israele”, accusata di aver “raccolto informazioni sugli spostamenti di comandanti militari iraniani, compreso il generale Qassem Soleimani”.

La condanna a morte di Mahmoud Mousavi Majd, emessa in primo grado lo scorso anno, è stata confermata in appello e verrà eseguita “a breve”, ha reso noto il portavoce della magistratura Gholamhossein Esmaili. La punizione annunciata del presunto traditore a libro paga di Cia e Mossad si accompagna però a un giallo. Il portavoce iraniano ha inizialmente indicato il condannato come l’uomo che avrebbe fornito all’esercito Usa “informazioni che avevano permesso” l’uccisione di Soleimani.

Poco dopo è giunta però una nota di correzione, spiegando che Mousavi Majd si trovava già in galera dall’ottobre 2018. Il suo tradimento risalirebbe quindi a “prima del 2018”. Un pasticcio che solleva inevitabili ombre sulle accuse di “spionaggio”.

La magistratura ha spiegato che “Mousavi Majd sarà impiccato in modo che i suoi padroni possano vedere il risultato della determinazione, della potenza e della capacità di penetrazione della Repubblica islamica”. Nell’ultimo anno l’Iran ha reso noto l’arresto di almeno 25 presunte spie americane, alcune delle quali sospettate di sobillare le dure proteste popolari del novembre scorso contro il caro benzina. Annunci sempre seccamente smentiti da Washington.

Il nuovo pugno di ferro è una doccia fredda per chi sperava che gli scambi di prigionieri della scorsa settimana – i primi dall’uccisione del generale dei Pasdaran – rappresentassero un segnale chiaro in direzione di un allentamento delle tensioni.

Negli ultimi giorni, Washington aveva anche preferito evitare lo scontro sulle petroliere iraniane inviate in soccorso di Nicolás Maduro in Venezuela, dopo aver minacciato di bloccarle con le sue fregate nel mar dei Caraibi. Donald Trump aveva persino twittato il suo “grazie all’Iran” dopo il rientro a casa del veterano della Marina Michael White, mentre nella Repubblica islamica facevano ritorno gli scienziati Sirous Asgari e Majid Taheri. E ancora ieri il portavoce del governo di Hassan Rohani ha ribadito che Teheran è pronta a un “totale scambio di prigionieri”.

Nella Repubblica islamica risultano detenuti almeno 5 americani, mentre una ventina sarebbero gli iraniani nei penitenziari americani, alcuni con doppia nazionalità, per lo più accusati di aver violato le sanzioni. Le trattative per il loro rilascio proseguiranno. Ma a pochi mesi dalle elezioni americane, e con il presidente Rohani indebolito dall’ascesa dei fondamentalisti, che hanno preso il controllo del Parlamento a un anno dalla scelta del suo successore, le tensioni tra Iran e Stati Uniti non si placano.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)