La Serie A si scalda, e in Lega si guarda avanti

A Trigoria giocatori della Roma in allenamento in una foto d'archivio.
A Trigoria giocatori della Roma in allenamento in una foto d'archivio. ANSA/CLAUDIO PERI

ROMA. – “Non ho vinto io, ha vinto il calcio italiano”. Mentre la Figc di Gabriele Gravina salutava il successo dell’ampio fronte federale che ha ripristinato il “merito sportivo” con play-off e play-out, comprese retrocessioni in palio anche qualora dovesse venire usato l’algoritmo in caso di nuovo stop al campionato, la Lega Serie A (sconfitta 18-3) assisteva al leitmotiv che negli ultimi anni si è spesso riproposto: club del massimo campionato da una parte e il resto del calcio dall’altra.

La frattura in questi tempi strani dettati da una ripresa difficile causa coronavirus non poteva, numeri alla mano, passare inosservata. E ora in tanti chiedono un passo avanti. “Non ci sono vincitori o sconfitti – ha detto a Sky l’ad dell’Inter e consigliere federale, Beppe Marotta – la situazione è stata abbastanza anomala. Come Serie A siamo stati Messi dietro alla lavagna e abbiamo preso uno schiaffo morale, perdendo una nostra rivendicazione: 3 voti contrari alla delibera e 18 a favore è un chiaro segnale. Il mondo del calcio ha bisogno di rivedere tutto il sistema di governance che forse non rispecchia il peso specifico del nostro campionato”.

Se vogliamo, la stessa rivendicazione che il calcio fa da anni nei confronti del mondo Coni e che finora si è sempre sentito respingere.

Marotta richiama l’esempio della Premier League: “Critico il sistema di governo nel calcio in Italia, ancorato a una volontà decisionale che spetta a tante, forse troppe, componenti. Credo che la Serie A abbia bisogno di sua autonomia molto simile a quello che succede in Premier League, che garantisce poi per tutto il sistema rispettando valenza e obiettivo sociale degli altri campionati”.

Un modello, quello inglese, che però nasconde comunque le sue insidie e non è per nulla indenne alle decisioni federali. Anzi. Anche se la FA non partecipa attivamente alle operazioni della Premier League, conserva un potente “diritto di veto” sulle decisioni del presidente della Premier e sul suo chief executive nell’ambito di qualsiasi cambiamento di regole. Cosa che invece non accade in Italia, dove l’esito di ieri è maturato esclusivamente dagli equilibri politici che hanno visto la Serie A isolata da tutte le altre componenti.

In Lega comunque si guarda avanti, i club sconfitti sognano maggiore autonomia, in un’assemblea che ha anche messo in luce una nuova spaccatura tra due blocchi, quello di Urbano Cairo da un lato (fautore dell’ultima delibera approvata 16 a 4 e poi bocciata dal consiglio federale) e quello di Claudio Lotito dall’altro.

Mai come ieri il patron biancoceleste, che si era astenuto dal voto della delibera per evidenti ragioni politiche essendo consigliere, si è presentato in Figc consapevole di perdere e nonostante tutto contento di farlo.

Lascia un commento