Il Pil riparte a maggio ma per il 2020 non basta

Dipendenti indossano mascherine e guanti protettivi a prevenzione della diffusione del Covid-19, durante il turno di lavoro, presso lo stabilimento industriale di packaging farmaceutico Eurpack di Aprilia,
Dipendenti indossano mascherine e guanti protettivi a prevenzione della diffusione del Covid-19, durante il turno di lavoro, presso lo stabilimento industriale di packaging farmaceutico Eurpack di Aprilia, Roma. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA.  – “Alcuni primi segnali di ripresa”. A vederli è l’Istat e già a maggio. La fine del lockdown si farebbe quindi sentire concretamente anche sulle oscillazioni del Pil. Nella seconda parte dell’anno, in concomitanza con l’estate, l’economia virerà in positivo. Per ora però c’è da accontentarsi del segno più dopo il tracollo “eccezionale” del primo trimestre. E il bis, preannunciato, del secondo.  Tradotto in cifre il 2020 chiuderà con un Prodotto interno lordo in calo del -8,3%. Seguirà una ripresa parziale nel 2021 (+4,6%).

L’indicazione dell’Istituto è meno nera di tante altre. Solo lievemente peggiorativa di quella fatta nel Def. “I dati Istat confermano le previsioni del governo”, rimarca infatti il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Le statistiche per il titolare di Via Venti Settembre indicano dunque una ripresa, seppure accompagnata ancora dall’aggettivo “possibile”, nel terzo trimestre.

Ma le premesse sono tante. L’Istat impiega un’intera pagina ad illustrarle. Solo una “prima sintesi”, avverte. In uno scenario che presenta “ampi livelli di incertezza”. E i rischi al ribasso non mancano, soprattutto se si guarda alle “variabili esogene”, commercio estero in primis. Anche qui le stime non sono confortanti: le vendite fuori confine scenderebbero del 13,9%.

Le previsioni dell’Istat diventano ancora più ardite quando si passa al capitolo lavoro. La lettura della recessione “asume forme e intensità diverse” rispetto al passato, si sottolinea nel report sulle “Prospettive per l’economia italiana”. Ecco che quel che accade al tasso di disoccupazione può lasciare sbalorditi. Quest’anno scenderebbe del 9,6%. Nessuna ondata di senza lavoro, quindi? Purtroppo la risposta è negativa.

Il fatto è che le persone neppure più cercano e cercheranno il lavoro, transitando verso l’inattività, spinti dallo scoraggiamento. O meglio da un mercato del lavoro che si rimpiccolisce e butta fuori migliaia di persone. E già è così, con il lockdown già mezzo milione di italiani ha traslocato in quella zona grigia dell’inattività, in cui finisce anche chi pur volendo un impiego resta a casa, giudicando la missione impossibile.

L’Istat non ci dice quanti posti perderemo. Oggi i provvedimenti del governo stanno tamponando la situazione. Ma a marzo e aprile si è lavorato un terzo, in termini di ore effettive. Ricompattando tutta l’occupazione in unità standard, a tempo pieno, la stima è di un crollo del 9,3% per quest’anno.

Quando il lavoro vacilla il disagio sociale non può che crescere. Ad aprile, il Misery Index della Confcommercio segna addirittura un raddoppio. Un’impennata dovuta proprio alle difficoltà occupazionali. Tanto che secondo l’associazione il tasso di disoccupazione “esteso”, che va oltre le statistiche ufficiali, raggiunge il 32,7%.

Non c’è da stupirsi se poi i consumi si riducono al lumicino (-8,7%). Ma ancora più giù vanno gli investimenti (-12,5%). I rimbalzi per il 2021 sarebbero limitati e non in grado, lato investimenti, di riallineare l’Italia alla media Ue. Quanto alla spesa delle famiglie, invece, dalle simulazioni dell’Istat emerge come un’attenuazione delle disuguaglianze possa restringere le perdite.

Al momento, però, l’attenzione è su quei primi spiragli di ripartenza. Magari il secondo trimestre dell’anno è “stato un po’ meno negativo di quanto ci si aspettasse”, ragiona l’economista, docente alla Bocconi Francesco Daveri. Un maggio di speranza dopo un aprile terribile, pur se non solo in Italia: la produzione tedesca è precipitata del 17,9%. L’Istituto di statistica cita l’inversione di tendenza dei consumi di energia.

Segno che qualche motore si riscalda. Su questa linea anche il deciso calo delle richieste di cig, di cui parla a Repubblica il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. La Cgil fa notare come tuttavia non ci si possa sentire soddisfatti per una ripresa “dimezzata”. E la ricetta per il sindacato passa per un “nuovo ruolo economico dello Stato”.

(Marianna Berti/ANSA)