Il Rasputin di Johnson si difende, ma la bufera monta

L'assesore speciale del primo ministro britannico Boris Johnson, Dominic Cummings si accinge a montare in bicicletta.
L'assesore speciale del primo ministro britannico Boris Johnson, Dominic Cummings si accinge a montare in bicicletta. Archivio. (ANSA/EPA/ANDY RAIN)

LONDRA.  – Una spiegazione dettagliata, ma tutt’altro che convincente per i molti che lo criticano. La bufera su Dominic Cummings, investito dall’accusa di aver violato fra marzo e aprile le restrizioni del lockdown imposte dal coronavirus, non si placa affatto nell’irrituale conferenza stampa-fiume con cui il consigliere politico di Boris Johnson.

Guru della Brexit e influente eminenza grigia di Downing Street, è uscito oggi dall’ombra per provare a difendersi da uno scandalo che minaccia di azzoppare anche quel che resta della credibilità del primo ministro britannico e dell’intero governo Tory: già sotto tiro per la gestione dell’emergenza Covid-19.

Pacato, ma esitante, a tratti turbato, Cummings, 48 anni, sulfureo quanto efficiente manovratore del dietro le quinte, ha rivelato un volto diverso da quello dell’ideologo iconoclasta e sprezzante, talmente controverso e incendiario da guadagnarsi in passato l’etichetta di “psicopatico in carriera” dall’ex premier David Cameron.

Il volto di un uomo in difficoltà, costretto a giustificare le scelte di un’interpretazione delle regole dal lockdown parsa a molti – oppositori e non solo – una violazione bella e buona, il privilegio di un potente che pure ha costruito la sua narrativa politica sul refrain “popolo contro palazzo”.

Le scelte di un padre e di un marito, ha sostenuto lui nel briefing di oltre un’ora, faccia a faccia con le contestazioni e l’ostilità dei giornalisti, ospitato nel Giardino delle Rose di Downing Street.

Un evento senza precedenti per un consigliere di governo britannico, di regola tenuto al silenzio pubblico e alla discrezione, che ha finito per oscurare ancora una volta l’appuntamento ufficiale di giornata con Johnson, all’interno della residenza, per l’aggiornamento quotidiano sull’emergenza pandemia, i dati (finalmente in discesa) sui morti e le indicazioni sull’avvio della Fase 2 che da inizio giugno prevede una prima parziale riapertura delle scuole in Inghilterra.

Cummings, Dom per tutti quelli della sua cerchia, non ha negato di essersi trasferito il 27 marzo da Londra a Durham, a quasi 500 chilometri di distanza, nel pieno della fase in cui a tutti i britannici veniva intimato di “stare a casa”, per raggiungere “un cottage separato” nella proprietà dei genitori; ma giurando d’averlo fatto per garantire la sicurezza del figlio di 4 anni e della moglie, colpita dai sintomi del Covid-19.

E ha insistito di essersi comportato in modo “razionale e legale”, esercitando quel “giudizio discrezionale” garantito a suo parere dalle stesse regole e dalle linee guida fissate dal governo nei casi in cui “si vive con un bambino piccolo”. Ha poi aggiunto di non aver informato Johnson della sua partenza, salvo parlargli a cose fatte quando erano entrambi malati (il premier in ospedale), ma ammettendo solo questo come “errore”.

E rifiutandosi per il resto di chiedere scusa ai connazionali o manifestare “rammarico”. Tanto meno d’ipotizzare di offrire le proprie dimissioni. Esprimendosi a bassa voce, aparentemente senza baldanza, non ha invece rinunciato alla polemica con la stampa.  Riconoscendo di aver suscitato “molta comprensibile collera” fra la gente, ma addebitandola a ciò che “di falso è stato riferito dai media sulle mie azioni”.

In concreto ha bollato come false (oltre al sospetto di essersi opposto al lockdown) le ricostruzioni sul suo isolamento di 14 giorni a Durham, dicendo di aver evitato contatti e di essersi mosso solo per portare in ospedale il figlioletto, colpito dai sintomi del Covid-19 dopo la moglie e dopo di lui.

Ma non ha potuto smentire di essersi spostato il giorno di Pasqua, come denunciato dal Guardian e dal Mirror sulla base di una testimonianza oculare, verso il sito turistico di Barnard Castle, a mezz’ora da Durham, tentando di spiegare quella che a quasi tutti è parso il riconoscimento di un’evidente violazione del lockdown come una decisione presa in stato di necessità per testare la sua capacità di guida prima d’imbarcarsi il giorno dopo in un viaggio di ritorno a Londra di 5 ore.

Un racconto non privo di contraddizioni, o almeno di forzature, per l’opposizione laburista e di altri partiti che continua a invocarne il siluramento, come per una ventina di deputati della stessa maggioranza Tory e per non pochi consulenti scientifici del governo, funzionari di polizia, vescovi anglicani. E che non ferma l’ondata di sdegno sul web e in molte case dell’isola.

Johnson, i suoi ministri e il grosso del Partito Conservatore fanno viceversa quadrato. Per loro la spiegazione di Dom, “è stata franca, esaustiva, equa. Ed è tempo di chiudere la polemica e andare avanti”. Difficile che accada.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)