La Premier si allena, capitano Watford: “Io dico no”

L' Arsenal Football club Emirates Stadium a Londra.
L' Arsenal Football club Emirates Stadium a Londra. ANSA/NEIL HALL

LONDRA.  – Il giorno dell’atteso ritorno agli allenamenti non individuali in Premier League è stato segnato in chiusura da un dato ad effetto: sei persone, appartenenti a tre club, sono risultate positive ai tamponi e poste subito in isolamento per una settimana.

Una piccola percentuale tra i 748 test effettuati tra giocatori, tecnici e membri dello staff di 19 delle 20 società, ma la lega ha specificato che attende ancora alcuni risultati. Massimo riserbo sui nomi e anche sui club coinvolti.

Non ha invece pensato a nascondersi il primo “ammutinato”: Troy Deeney, giocatore del Watford di proprietà della famiglia Pozzo che controlla anche l’Udinese, ha detto di non voler tornare ad allenarsi perché teme per la salute della sua famiglia. Anche Juergen Klopp, pur sperando di tornare a giocare, antepone la salute al possibile mancato titolo per il suo Liverpool: “C’è di peggio nella vita”, ha commentato.

Quella dell’attaccante del Watford è invece una presa di posizione strettamente personale, legata alle particolari condizioni si salute del figlio di pochi mesi, un “soggetto a rischio”. “Basta che ci sia un solo infetto nel gruppo, perché io possa portare il virus dentro casa – le parole di Deeney su YouTube -. Mio figlio ha difficoltà respiratorie non voglio esporlo a nessun rischio”.

Una posizione che l’esito dei test rafforza. In una recente intervista il manager del Watford, Nigel Parsons, aveva condiviso gli stessi timori, assicurando che non avrebbe esercitato pressioni per convincere i suoi

giocatori a tornare ad allenarsi. Deeney aveva già espresso le sue perplessità nel corso della riunione tra Lega e capitani, sottolineando come i calciatori di colore e asiatici corrano statisticamente più rischi degli altri.

“Nessuno mi dà le risposte che cerco, perché allora dovrei rischiare la mia salute e quella della mia famiglia?”, aveva detto.

A salvaguardia di tutti gli altri giocatori che hanno cominciato a lavorare insieme, oltre ai test continui, la Premier League ha organizzato un monitoraggio sul rispetto delle norme sanitarie, affidandola ai propri ispettori.

I club devono far rispettare le norme di distanziamento sociale e una serie di precauzioni igienico-sanitarie per minimizzare il rischio di contagi. Un protocollo d’intesa, in accordo con le linee guida fornite dal governo britannico, sottoscritto da tutti, allo scopo di ritornare in campo nel giro di un mese.

In attesa di conoscere la data della ripresa del campionato, con ogni probabilità il 19 giugno, i club devono accordarsi su una serie di precauzioni logistiche. La strada è ancora lunga.

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