Sempre più morti in Gran Bretagna, e fra le minoranze è strage

Passeggeri con mascherine nel metro di Londra.
Passeggeri con mascherine nel metro di Londra. (ANSA/EPA)

LONDRA.  – L’attesa (e le pressioni) su Boris Johnson per l’avvio di una qualche fase 2 fin da lunedì, con un allentamento del lockdown e dell’intimazione a “restare a casa”, continuano a crescere.

Ma a crescere, malgrado un primo picco superato e un calo di contagi e ricoveri negli ospedali, è anche il numero record dei morti per coronavirus nel Regno Unito: sempre più leader in Europa, in cifra assoluta, in una triste classifica di vite perdute laddove a pagare il prezzo di gran lunga più alto si confermano le minoranze etniche.

L’ultimo tassello arriva da un’elaborazione statistica shock dell’Ons, equivalente britannico dell’Istat, sull’impatto del Covid-19 sull’isola comunità per comunità. Una ricerca che fa risaltare la sproporzione clamorosa a seconda del colore della pelle fra i sudditi di Sua Maestà: già emersa in queste settimane, seppure non al livello degli Usa.

La forza dei numeri, comunque, non ammette repliche, in uno scenario salito oggi a circa 30.615 decessi accertati, stando al conteggio ufficiale nazionale diffuso nella conferenza stampa di giornata a Downing Street dal ministro degli Esteri, Dominic Raab.

Lo studio dell’Office for National Statistics certifica infatti come i cittadini britannici neri, uomini e donne, abbiano fatto registrare fra marzo e aprile un tasso di rischio di mortalità da Covid-19 fino a 4,2 e 4,3 volte più alto dei connazionali bianchi.

Mentre tra le persone di radici asiatiche (originarie di Bangladesh, Pakistan e India) o “di origine razziale mista” il coefficiente è stato fra 1,9 e 1,6 superiore a quello di britannici “autoctoni” ed europei.

La maggiore percentuale di poveri o individui e nuclei familiari socialmente disagiati fra queste comunità spiega solo in parte il trend, indicano i ricercatori dell’Ons. Così come la loro presenza più numerosa della media tra gli operatori sanitari in prima linea.

Di certo si tratta delle conseguenze di disparità “orribili”, tuonano dalle file dell’opposizione laburista David Lammy, ministro ombra della Giustizia e figlio di genitori caraibici, e Sadiq Khan, sindaco di Londra di papà e mamma pachistani.

Mentre il governo conservatore ammette per bocca d’un portavoce di Matt Hancock, titolare del dicastero della Sanità e delle Questioni Sociali, “la triste sproporzione nell’effetto di questo virus” sulle minoranze come un fatto provato. E la necessità “d’individuare e proteggere meglio i gruppi più a rischio”.

I pericoli, d’altronde, restano incombenti per l’intero Paese, riconosce lo stesso Boris Johnson, reduce in prima persona da un drammatico contagio, annunciando “massima cautela” nell’allentamento del lockdown durante la riunione del consiglio dei ministri chiamata oggi a valutare le tappe di una graduale fase 2 che il premier Tory illustrerà alla nazione domenica; mentre non si escludono tappe “a velocità differenziata” fra le 4 nazioni del Regno, con la Scozia dell’indipendentista Nicola Sturgeon che già preannuncia altre 3 settimane di blocco.

Sullo sfondo pesano tuttavia le spinte dei media a “riaprire” e soprattutto le stime da incubo della Bank of England su “una recessione senza precedenti” a fine 2020 (fino a un -14% del Pil e a un raddoppio della disoccupazione) seguito da un ritorno alla normalità lento nelle previsioni del neogovernatore, Andrew Bailey.

Stime che peraltro, avverte un portavoce di Downing Street, con un relax “prematuro” e “un secondo picco” diverrebbero ancor peggiori. E non solo per le minoranze.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)