Egitto: ”regista dissidente morto bevendo disinfettante”

Un guardia sorveglia la porta del carcere di Tora al Cairo, dove é deceduto el dissidente Shady Habash.
Un guardia sorveglia la porta del carcere di Tora al Cairo, dove é deceduto el dissidente Shady Habash. (ANSA/EPA/KHALED ELFIQI)

IL CAIRO.  – La Procura generale egiziana è uscita allo scoperto con una lunga dichiarazione nel tentativo di dissipare nascenti sospetti sulla morte di un giovane detenuto che ha riacceso i riflettori su una delle sinistre peculiarità del sistema giudiziario egiziano: le custodie cautelari in carcere che possono durare anni e che stanno attanagliando uno studente egiziano dell’università di Bologna, Patrick George Zaky.

La dichiarazione ha riguardato un altro giovane, Shady Habash, deceduto nella prigione del Cairo venerdì scorso dove era in custodia cautelare da oltre due anni con varie accuse dopo aver diretto un video musicale che prendeva in giro il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi.

Nel pieno della pandemia da coronavirus, la procura ha sostenuto che il 24enne Shady sarebbe morto per aver bevuto un miscela di acqua e alcohol per sanificazioni anti-Covid forse ingerita per errore o più verosimilmente preparata per avere una sorta di “liquore”.

Le ipotesi, per valutare le quali è stata disposta un’autopsia, sono state formulate sulla base di testimonianze di altri detenuti e di un medico del carcere. La procura ha anche sottolineato le cure mediche e i tentativi di rianimazione sul giovane dissidente che aveva diretto un video in cui un cantante egiziano in esilio irrideva Sisi chiamandolo “dattero”.

La morte di Shady è avvenuta nel complesso carcerario di Tora, famigerato per la sua sezione di massima sicurezza detta “Lo Scorpione” e in cui, in quella chiamata “indagini”, è rinchiuso Patrick, arrivato in questi giorni al suo terzo mese di detenzione.

Nelle stesse ore della pubblicazione al Cairo della

dichiarazione, la responsabile Azioni istituzionali di Amnesty

International ha parlato in videoconferenza alla Commissione

parlamentare d’inchiesta sulla morte per torture di Regeni e ha sostenuto che “il rapporto diplomatico-commerciale che existe con l’Egitto andrebbe rimodulato” attraverso “un segnale forte”.

Questo messaggio però non dovrebbe essere il ritiro dell’ambasciatore italiano al Cairo, Giampaolo Cantini, che è “una figura importante per continuare a fare pressioni sulle autorità nell’ambito delle indagini per arrivare alla verità”, ha precisato Giulia Groppi.

“Temiamo che la pandemia da Covid-19 diventi una scusa per proseguire la detenzione di Zaky ad libitum e siamo preoccupati”, ha aggiunto, mentre Riccardo Noury, portavoce di Amnesty, ha ricordato che “le sparizioni in Egitto rimangono centinaia l’anno”, facendo del Paese “un caso a sé nel Maghreb per tortura e profili estremamente drammatici nella violazione dei diritti umani”.

(di Rodolfo Calò/ANSA)

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