“Bce oltre le regole”, i giudici tedeschi legano Qe

Veduta della sede della Bce a Francoforte..
La sede della Bce a Francoforte.. EPA/ARMANDO BABANI

ROMA.  –    La Corte costituzionale tedesca ipoteca il quantitative easing (Qe). Con una sentenza che può avere grosse conseguenze su come l’Europa uscirà dalla crisi del coronavirus e gestirà l’enorme mole di debito lasciata sul camp.

I giudici danno tre mesi di tempo al Consiglio direttivo per “una nuova decisione che dimostri che il “Pspp” non è sproporzionato nei suoi effetti economici e di bilancio”. Altrimenti la Bundesbank non potrà più parteciparvi.

Alla fine, il nodo da sciogliere resta sempre lo stesso: se la Bce – usando l’espressione della presidente Christine Lagarde – sia qui per “chiudere gli spread” oppure no. Che, letta da Karlsruhe, equivale a dire se la Bce, mentre combatteva la deflazione ieri, e lo shock da lockdown oggi, non stia facendo finanziamento monetario ai Paesi ad alto debito.

La Bce non dovrebbe avere grosse difficoltà a dimostrare di aver agito legittimamente con il “Pspp”, il programma di acquisti di debito pubblico varato da Mario Draghi nel 2015.

Il Consiglio direttivo, convocato appositamente in serata, “prende nota” della decisione dei giudici ma è fermo: la Bce “rimane impegnata a fare qualunque cosa necessaria, nel suo mandato”, per la stabilità nei prezzi ma anche perché questo obiettivo si realizzi in tutti i Paesi. E ricorda ai giudici tedeschi che “la Corte di giustizia dell’Unione europea, nel dicembre 2018, stabilì che la Bce agisce nel suo mandato”.

Il “Pspp” rappresenta oggi solo un quarto degli acquisti di titoli pubblico: c’è il “Pepp”, il programma per l’emergenza pandemica, che in poco più di un mese ha acquistato 118 miliardi di debito. É per questo che il ministro dell’Economia Gualtieri ha detto che “la sentenza non avrà alcuna conseguenza pratica”, visto che conferma la legittimità di fondo del “Pspp” e “non riguarda in nessun modo” il “Pepp”.

Ma il verdetto fa balzare a 244 lo spread italiano, l’elefante nella stanza di ogni discussione sugli acquisti di debito della Bce. Concentrati da settimane sull’Italia che ha assorbito il 40%, contro una quota che, determinata dal “peso” dell’Italia nel capitale Bce (“capital key”), sarebbe del 17%.

La sentenza, infatti, rischia di avere un impatto sull’operatività della Bce. La cancelliera Angela Merkel, secondo la Dpa, avrebbe detto che i giudici hanno mostrato chiaramente alla Bce i suoi confini. Vitor Constancio, ex vicepresidente della Bce con Draghi, vede il “grosso rischio” che la sentenza apra a un’ondata di nuovi ricorsi in Germania finendo per coinvolgere il “Pepp”.

Christine Lagarde ha nei fatti assicurato che il Pepp avrebbe tenuto a bada gli spread deviando dalla “capital key”. Ma sono proprio queste deviazioni – che ad oggi rappresentano l’unico freno a una spirale del debito in Paesi come l’Italia – ad essere nel mirino della Corte tedesca.

La Bce, poi, con il “Pspp” ha finora mantenuto in bilancio i circa 2.300 miliardi di debito pubblico dei Paesi dell’Eurozona acquistato, rinnovando con nuovi acquisti i bond che man mano giungevano a scadenza.

E promette di farlo finché servirà. Anche qui i giudici mettono un’ipoteca. Che rischia di far tramontare definitivamente l’ipotesi che possa essere la Bce, in definitiva, a farsi carico del conto salatissimo delle due crisi, quella del 2008 e quella attuale, tenendo il debito in eterno o persino comprando bond perpetui.

Significative le parole di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e consigliere Bce: i giudici rilevano “un margine sufficiente di sicurezza al finanziamento monetario dei governi”, “sosterrò gli sforzi per soddisfare questo requisito”.

E poi ci sono le conseguenze istituzionali. A partire dal monitoraggio della Bce demandato dai giudici a Parlamento e governo tedesco, paradossale vista la storia tedesca: tanto che il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, è costretto a ricordare che “la Bce è un’istituzione indipendente. La sua indipendenza è alla base della politica monetaria europea”.

Le parole di Olaf Scholz, ministro delle Finanze tedesco, tradiscono l’imbarazzo di Berlino: “proprio in questi giorni, in cui a causa della pandemia siamo di fronte a uno sforzo notevole, la moneta unica e la politica monetaria comune ci tengono uniti in Europa”.

E poi c’è l’umiliazione, sul piano giuridico, inflitta alla Corte di giustizia europea, la cui sentenza del 2018 a favore della Bce è giudicata dai colleghi tedeschi “insostenibile”. Tanto da costringere un portavoce della Commissione Ue a riaffermare “il primato della legge europea, e il fatto che le decisioni della Corte europea sono vincolanti su tutte le corti nazionali”.

Ma il genio è uscito dalla lampara: la sentenza che rivendica il primato della costituzione nazionale fa un favore inatteso a Paesi da anni in conflitto con l’Unione sulle libertà costituzionali come Ungheria o Polonia: con il viceministro della Giustizia polaco che dice “la Germania difende la sua sovranità”.

(di Domenico Conti/ANSA)

Lascia un commento