Robot che nuotano

Robot che nuotano

Quanto vale una vita umana? Gli enormi costi generati dalla “guerra” contro il Coronavirus hanno recentemente portato la questione all’attenzione del pubblico, ma non è nuova. Nel calcolo militare il costo economico delle vite è un fattore primario, come lo è anche la considerazione che i piloti “valgono” di più dei fanti e che, nei combattimenti navali, gli equipaggi dei sottomarini – e i loro mezzi – costano molto di più di un’equivalente nave da superficie.

Questa logica conduce alla guerra dei droni, semplici e poco costosi velivoli pilotati a distanza – nel caso di quelli utilizzati dagli americani nel Medio Oriente, teleguidati da operatori seduti in centri di comando a mezzo-mondo di distanza che, a fine turno, “staccano” e se ne vanno tranquillamente a casa.

Era inevitabile che una tecnologia che rende “facili” e (relativamente) poco costosi i combattimenti si sarebbe allargata dall’aria ad un’altra importante sfera d’attività militare: il mare. Da tempo le principali marine sperimentano navi da superficie teleguidate. L’anno scorso un vascello della marina militare americana, la Sea Hunter, ha navigato dalla California alle Hawaii – e ritorno – senza nessun equipaggio a bordo.

Il vero obiettivo però sono i sottomarini, molto costosi da costruire e da equipaggiare. La US Navy ha recentemente commissionato alla Boeing la realizzazione di cinque unità di una nuova classe di droni sottomarini fuori misura, per ora denominata “Echo Voyager”. Il primo sarà consegnato nel 2022. Un prototipo ha già completato oltre 2.500 ore di prove in mare.

A propulsione elettrica – risalgono saltuariamente in superficie per ricaricare le batterie con un generatore convenzionale – sono eccezionalmente silenziosi e capaci di crociere della durata di mesi. Le missioni prospettate sono quelle troppo pericolose per gli equipaggi umani: la penetrazione di campi minati, il deposito occulto di cariche esplosive in un porto nemico, oppure la raccolta ravvicinata di intelligence elettronica da sistemi di comunicazione a bassa potenza.

Rispetto ai droni volanti quelli sottomarini presentano un’importante differenza: devono essere molto più “smart”. L’acqua di mare è perlopiù impenetrabile alle onde elettromagnetiche: così non possono essere radioguidati come i “cugini alati”. Grazie all’avanzata Intelligenza Artificiale di bordo, prendono le decisioni da sé. Più che droni che volano sott’acqua, sono robot pensanti che nuotano.

(James Hansen)