Il mistero dell’ India: Pochi casi, rari decessi

Replica di un elefante con mascherina in una strada di Chennai per sensibilizzare ai cittadini sul coronavirus.
Replica di un elefante con mascherina in una strada di Chennai per sensibilizzare ai cittadini sul coronavirus. (El Pais)

NEW DELHI. –  Mentre l’India si avvicina alla conclusione del lockdown il 4 maggio, stessa data dell’Italia, crescono interrogativi e dubbi sul numero dei positivi al contagio e sui decessi.

Per questo paese di un miliardo 300 milioni di persone, alcuni esperti avevano previsto uno tsunami di vittime. “Potrebbe essere  un’ecatombe, oltre cento milioni di vittime”, aveva pronosticato il virologo T. Jacob John, già responsabile dell’Indian Council for Advanced Research in Virology.

Invece, secondo i dati di oggi del ministero della Salute, sono 33.050 i positivi e 1074 i morti dall’inizio del conteggio: le autorità e il governo ne fanno un punto di vanto e si spingono ad affermare che la battaglia è quasi vinta, in una sorta di miracolo indiano contro il Coronavirus, ma il mondo intero si chiede se le cifre siano attendibili.

Se si pensa alle condizioni e alle abitudini igieniche del paese, nel suo insieme, e alla fragilità del sistema sanitario la risposta più facile è “no”.

Ma ad avvalorare, se non la precisione, almeno l’attendibilità dei dati, ci sono vari fattori: primo tra tutti la tempestività del lockdown, indetto il 24 marzo, quando in India si contavano solo poche decine di casi.

È la stessa rivista medica Lancet a sostenere che il blocco ha limitato, oltre alla vita delle persone, la curva dei contagi: la rigidità con cui è stato fatto rispettare, con ingenti costi economici e sociali, ha impedito che il virus si diffondesse nelle aree più remote. Non a caso, le zone più colpite sono le metropoli a maggiore densità abitativa e più toccate da chi si sposta, come Delhi e Mumbai, che registrano il picco di infetti.

Il ritornello preferito dei dubbiosi è che l’India ha pochissimi casi perché, in proporzione alle sue dimensioni, ha fatto un numero esiguo di test. Ma anche da un campione giudicato insufficiente emergono osservazioni positive: nel paese, dove secondo il ministero della Salute sono stati fatti circa 700 mila test, poco più di 50 ogni 100 mila persone,appena il 4 per cento è risultato positivo, e solo il 3 per cento è morto.

E anche la mcurva delle morti ha avuto un andamento più lento che altrove: se, per esempio, a New York, le morti sono raddoppiate nel giro di due giorni, in India ce ne sono voluti nove perché i 400 decessi del 16 aprile salissero agli 825 del 25 aprile.

Ma altri dubitano del numero reale delle morti: Prabhat Jha, dell’Università di Toronto, è stato alla guida, negli anni scorsi dell’ambiziosa ricerca “Million Death Study”, in collaborazione con il Registro generale Indiano: oggi sostiene che il paese, in generale, dovrebbe rivedere il conteggio delle morti. “In media, solo il 22 per cento dei decessi viene registrato, del restante 80 per cento nessuno stabilisce la causa”.

Ma un’epidemia o un’insolito numero di morti, nel 2020 non si potrebbero tenere nascosti: l’India è un paese fortemente interconnesso, nel quale, anche grazie ai social, le informazioni volano e si diffondono capillarmente.

E allora? Allora meglio interrogarsi sugli elementi che possono avere giocato da scudi protettivi per la popolazione.  Prima tra tutti, l’età media, che si attesta sui 28 anni; poi una possibile immunità di massa:lo ricorda Srinath Reddy, presidente della Public Health Foundation of India, una no profit.

Secondo Reddy, poiché gli indiani sono stati sottoposti negli ultimi anni ad una massiccia vaccinazione per sradicare la Tbc, potrebbero essere divenuti più forti anche contro il Covid-19. Secondo numerosi medici indiani, inoltre, la convivenza, negli ultimi decenni, con la dengue, potrebbe giocare un ruolo immunizzante.

“Non sappiamo cosa pensare”, ha detto alla giornalista Barkha Dutt l’oncologo indo-statunitense Siddhartha Mukherjee, autore del bestseller “L’imperatore del male”: “l’India è un mistero. Ci vorranno mesi per capire cosa sia accaduto esattamente”.