Coronavirus: è il testosterone che rende l’uomo debole

Un'immagine d'archivio mostra una rappresentazione della struttura a doppia elica dell'acido desossiribonucleico (DNA)
Un'immagine d'archivio mostra una rappresentazione della struttura a doppia elica dell'acido desossiribonucleico (DNA). ANSA /MATTHEW FEARN

PADOVA. – Cromosomi e testosterone rendono l’uomo più vulnerabile della donna al Coronavirus. Lo sostiene Carlo Foresta, docente di Endocrinologia all’Università di Padova, che ha tenuto sull’argomento un seminario online seguito da quasi 700 utenti tra YouTube e Zoom.

Esclude che il testicolo abbia un ruolo nella gravità della patologia e afferma che la maggior incidenza e letalità da Covid-19 nel sesso maschile va ricercata nelle intrinseche differenze ormonali e genetiche tra i due generi. Per Foresta, infatti, la diversa costituzione dei cromosomi sessuali – XX nelle donne e XY negli uomini – può determinare una predisposizione del maschio a sviluppare forme più severe dell’infezione.

Inoltre gli ormoni maschili, come il testosterone, facilitano l’estensione dell’infezione e quindi lo svilupparsi di manifestazioni cliniche più gravi.

Luca De Toni, ricercatore dell’Università di Padova che lavora nel team del professor Foresta, propone varie ipotesi di trattamento genere-specifico, analizzando molecole anti-androgeniche già utilizzate per il trattamento del tumore alla prostata.

Sottolinea la possibilità che un farmaco in sperimentazione, il Camostat mesilato, agisca bloccando il meccanismo d’ingresso del virus, con possibile riduzione della capacità infettante.

Per quanto riguarda il sistema riproduttivo femminile, Mauro Costa del’Ospedale Evangelico di Genova ricorda che la gravidanza non peggiora l’andamento clinico del Covid-19, ma può comportare la presenza di fattori di rischio che aggravano il decorso dell’infezione (ipertensione, obesità, diabete, patologie immunitarie o rischio di trombosi).

Costa inoltre sottolinea che i neonati possono contrarre l’infezione dalla madre solo dopo la nascita, poiché non è ancora unanime il giudizio sulla possibile trasmissione attraverso la placenta.

(di Alessandro Macciò/ANSA)

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