Crollo dei reati con lockdown, ma è allarme usura

Guardie di finanza esaminano dei documenti.
Guardie di finanza esaminano dei documenti. (voce.com.ve)

ROMA. – Prosegue il crollo dei delitti con il lockdown: -66% dall’1 al 31 marzo (68.069 contro i 203.723 dello stesso periodo del 2019). Ma aumenta l’usura (+9,1%), proprio uno dei reati-spia che segnalano i tentativi delle mafie di mettere le mani sull’economia legale.

Il fatto è stato analizzato al Viminale nel corso della riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dalla ministra Luciana Lamorgese e che ha visto seduti allo stesso tavolo i vertici delle forze di polizia e dell’intelligence.

Il meccanismo è ben chiaro: l’emergenza Coronavirus e la conseguente interruzione dei flussi di liquidità strozza tante famiglie ed attività commerciali; in molti si rivolgono così a chi non è mai in crisi di liquidità, le organizzazioni criminali.

Prestando soldi a chi difficilmente potrà poi restituirli, queste ultime si appropriano di aziende e negozi.

La ministra Lamorgese l’11 aprile ha inviato una direttiva ai prefetti sottolineando “l’esigenza di rafforzare la tutela dell’economia legale dagli appetiti criminali, precludendo spazi di agibilità che potrebbero aprirsi in questo contesto difficile e in quello che ci attende”.

Ed il dato sull’aumento dei reati da usura indicano che l’allarme è fondato e va monitorato con grande attenzione, è stato confermato alla riunione di oggi. Preoccupano anche gli ingenti flussi statali e europei stanziati per avviare la ripresa del Paese. In questa fase, è l’allerta del Viminale, “l’intero circuito produttivo e commerciale è esposto al rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata”.

Uno scenario che “può favorire dinamiche corruttive e rapporti illeciti tra imprenditori, funzionari pubblici e organizzazioni criminali”. Le due necessità da contemperare sono quelle di assicurare la tempestività delle erogazioni agli italiani in difficoltà, garantendo però che i fondi mobilitati non finiscano in mani criminali. Il problema è bene presente anche il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho.

“Non devono ritardare i finanziamenti, né l’accesso al credito – ha spiegato in audizione alle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera – ma controlli paralleli” all’erogazione di fondi pubblici “devono essere sviluppati. Serve uno strumento per la tracciabilità dei flussi finanziari pubblici, bisogna conoscere l’organigramma dell’impresa ed i dati delle autocertificazioni vanno inviati alle prefettura ed alla Dna, che potrebbe confrontarli con quelli della sua banca dati”.

Una misura suggerita è quella del contocorrente dedicato per poter monitorare le risorse concesse e renderne più agevole la confisca nel caso siano finite in mani criminali. E di “minaccia tangibile” ha parlato poi il generale della Guardia di Finanza Alessandro Barbera, comandante dello Scico.

“E’ prevedibile – ha spiegato – che molte aziende, che evidentemente andranno in crisi con questa pandemia, diventeranno obiettivi molto appetibili. La criminalità organizzata ha sempre sfruttato questi momenti emergenziali, come durante la ricostruzione del post terremoto in Irpinia, oppure l’emergenza dei rifiuti in Campania: la mafia l’ha fatta da padrona in questi momenti”.

(di Massimo Nesticò/ANSA)