Il virus affonda il Pil Usa, incubo maxi recessione

Una strada deserta a Las Vegas ed una insegna luminosa che invita a stare a casa.
Una strada deserta a Las Vegas ed una insegna luminosa che invita a stare a casa. (ANSA/EPA)

NEW YORK.  – Il coronavirus affonda  l’economia americana mettendo fine al periodo di crescita più lungo della sua storia. Il Pil Usa nel primo trimestre è crollato del 4,8%, in quella che è la prima contrazione dal 2014 e la maggiore dalla Grande Recessione del 2008-2009.

E il peggio deve ancora arrivare: da aprile a giugno infatti l’economia americana è attesa contarsi fino al 40%, un calo mai visto dai tempi della Grande Depressione.

Il trimestre peggiore da dieci anni è dunque solo un assaggio di quello che, dal punto di vista economico, sarà il “trimestre peggiore della vita”. Il dato dei primi tre mesi dell’anno cattura infatti solo in parte gli effetti del virus sull’economia: le chiusure negli Stati Uniti sono scattate solo negli ultimi dieci giorni di marzo.

Nonostante questo, l’effetto è stato devastante: i consumi motore dell’economia sono crollati del 7,6%, il calo maggiore dal 1980. I ristoranti, le vendite al dettaglio e i trasporti sono stati i settori più colpiti, insieme alla sanità.

L’emergenza coronavirus ha infatti costretto gli ospedali a sospendere le operazioni chirurgiche più redditizie e costose per concentrate gli sforzi nella lotta all’epidemia. Secondo alcune stime, il calo delle spese sanitarie ha rappresentato il 40% del totale crollo dei consumi.

Preoccupata dalla fotografia scattata dal Dipartimento del Commercio, la Casa Bianca ha cercato di smorzare gli allarmismi. “L’economia sperimenterà un forte scatto nella seconda metà dell’anno, dopo una significativa caduta” nel secondo trimestre, ha assicurato Larry Kudlow, consigliere economico di Donald Trump.

Il nodo da sciogliere è proprio cosa accadrà dopo un secondo trimestre nero. Nelle ultime settimane la speranza di una ripresa a ‘V’ si è affievolita, con diversi analisti che hanno iniziato ad ipotizzare che ci vorranno anni e altri miliardi di dollari di aiuti per riparare i danni creati dal virus.

Risorse che Donald Trump non intende far mancare, anche nell’ottica di favorire le sue chance di rielezione alla Casa Bianca. Già travolto dalla critiche per la gestione dell’emergenza virus, il presidente assiste e trema davanti al crollo di quell’economia su cui ha basato la sua campagna elettorale per la conquista di un secondo mandato.

Un tonfo economico di fronte al quale il tycoon sta cercando di presentarsi come l’unico in grado di far ripetere all’America il miracolo economico degli ultimi tre anni, una volta superata l’emergenza.

Un obiettivo non facile alla luce dell’effetto devastante della pandemia, che ha costretto gli Stati Uniti e il resto del mondo a chiudere e ora li pone di fronte alla sfida ancor più difficile del riaprire in sicurezza.

Una sicurezza ritenuta dai governatori degli Stati americani, ai quali spetta dettare i tempi della riapertura, un obbligo morale di fronte a numeri impressionanti: i casi di coronavirus negli Stati Uniti hanno ampiamente superato il milione e il numero dei morti è maggiore di quello di 20 anni di guerra in Vietnam. Solo nelle ultime 24 ore i decessi sono tornati a salire in tutto il Paese a 2.200, di cui 330 a New York.

Il crollo del Pil però non sembra per ora spaventare i mercati. Il petrolio vola e arriva a guadagnare fino al 36%, spinto dall’auspicata imminente riapertura degli Stati Uniti. In volata anche Wall Street, che avanza decisa anche grazie ai risultati positivi dei test sul farmaco antivirale di Gilead Sciences.

Un farmaco che, è la speranza, consentirà di curare i pazienti e scongiurare il rischio di nuovi lockdown con l’attesa seconda ondata del virus. “Il remdesivir – ha spiegato il virologo Anthony Fauci – garantisce un significativo effetto positivo nel ridurre i tempi di ripresa e mostra che un fármaco può bloccare questo virus”.

(di Serena Di Ronza/ANSA)