Caporalato: quattro euro all’ora a braccianti, arrestata coppia

Immigrati africani durante la raccolta delle arance a Rosarno, Reggio Calabria,
Immigrati africani durante la raccolta delle arance a Rosarno, Reggio Calabria, 13 marzo 2010. ANSA / FRANCO CUFARI

ROMA. – Anche dieci ore di lavoro a giornata per una paga simbolica, quattro euro all’ora, che non aumentava nemmeno nelle tante festività in cui non potevano riposarsi. Senza nessuna tutela e con la minaccia ripetuta del licenziamento se avessero allentato la produzione.

E’ il “disarmante quadro di sfruttamento” a cui erano sottoposti numerosi braccianti, italiani e stranieri a Latina, secondo quanto emerso dagli accertamenti della Polizia di Stato, che ha posto agli arresti domiciliari una coppia di coniugi e sequestrato le loro due società agricole attive nel settore ortofrutticolo e florealistico.

I provvedimenti hanno dato esecuzione a un’ordinanza emessa dal gip di Latina su richiesta della locale procura. Mentre per tre dipendenti delle due aziende – che secondo il racconto dei braccianti sfruttati, svolgevano il ruolo di controllori, minacciando la perdita del lavoro se la produzione fosse calata – è scattato il divieto di dimora nella provincia di Latina.

Tutti sono indagati a vario titolo per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e per violazioni al testo unico sugli stranieri in materia di lavoro subordinato. Tra gli stranieri gli sfruttati erano in gran parte indiani. Ed è stato uno di loro, senza permesso di soggiorno, a far partire l’inchiesta: ha raccontato l’incubo in cui era precipitato all’Ufficio Immigrazione della Questura di Latina.

Vere e proprie “vessazioni” che era stato costretto ad accettare per sopravvivere e aiutare la sua famiglia rimasta in India. Un trattamento che la polizia definisce “inumano” e fatto di turni di lavoro “massacranti e faticosi”, anche notturni, “senza alcun giorno di riposo” e con una paga al di sotto di quella che gli sarebbe spettata e comunque inadeguata alle mansioni ricoperte.

Dagli accertamenti compiuti e dalle testimonianze degli altri braccianti è emerso l’intero quadro di quello che accadeva nelle due aziende: una situazione di “lavoro forzato”, come sottolinea ancora la polizia. I braccianti erano costretti a lavorare per 25-26 giorni al mese, senza alcuna copertura sanitaria e senza nessun presidio antinfortunistico e di sicurezza.

E la loro stessa incolumità era messa in “grave pericolo” dalle condizioni in cui erano costretti a viaggiare per raggiungere i luoghi di lavoro: venivano stipati su furgoni che li prelevavano o da casa o da punti di raccolta prestabiliti, anche nei Comuni limitrofi.

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