Clima: emissioni di gas serra in calo. Ora studio su lockdown

Vapore dalle torri dello stabilimenti diJaenschwalde, in Germania.

ROMA. – I dati del passato parlano di emissioni di gas serra in calo in Italia negli ultimi 28 anni: -17% nel 2018 rispetto al 1990, passando da 516 a 428 milioni di tonnellate di Co2 equivalente. Crescono energie rinnovabili (idroelettrico ed eolico) ed efficienza energetica, soprattutto nei settori industriali; male invece il fronte del riscaldamento residenziale per Pm10 da fonte diretta.

L’agricoltura riduce del 13% le sue emissioni che costituiscono solo il 7% delle emissioni di gas serra, circa 30 milioni di tonnellate di Co2 equivalente anche se dagli allevamenti, in particolare dalle categorie bovini, suini ed avicoli, deriva il 78% delle emissioni nazionali di ammoniaca, precursore importante delle polveri sottili.

Questi i dati contenuti in due rapporti, il National Inventory Report 2020 e l’Informative Inventory Report 2020, presentati dall’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra) in videoconferenza, alla quale hanno partecipato in 700.

Ma ora si guarda anche a un nuovo identikit della salute dell’aria in versione lockdown. L’Emilia-Romagna e il bacino padano, fino alla Slovenia, saranno un grande “laboratorio a cielo aperto” per conoscere e misurare nel dettaglio gli effetti delle misure adottate per l’emergenza Covid-19.

Al via, infatti, un maxi progetto di ricerca guidato da Regione Emilia-Romagna e Arpae nell’ambito del piano europeo Prepair. Oltre alla Regione, lo studio coinvolge gli altri 18 partner del progetto Prepair (Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, provincia di Trento e relative agenzie regionali per l’ambiente, le municipalità di Bologna, Milano, Torino, l’agenzia ambientale slovena Arso, Fondazione Lombardia per l’ Ambiente Fla e la società consortile emiliano-romagnola Arter), la Rete italiana ambiente e salute Rias e il gruppo di lavoro regionale ambiente e salute che unisce gli esperti di Arpae, dei Dipartimenti di Sanità pubblica e dei diversi Servizi regionali.

Lo scopo è valutare sperimentalmente l’efficacia di queste misure sulla qualità dell’aria e di indagare, attraverso studi scientifici rigorosi, la possibile relazione tra pandemia e inquinamento atmosferico.

Su questo fronte ci sono diversi studi anche internazionali. Uno di questi è quello della Harvard University condotto da Francesca Dominici, in corso di pubblicazione, che mostra, ad esempio, che un piccolo aumento delle polveri sottili (il particolato fine PM2.5, di diametro pari a un trentesimo di quello di un capello) registrato negli ultimi anni, si associa a un aumento del 15% della mortalità per infezione da Sars-CoV-2.

Anche l’Ispra è pronta a scendere in campo. In via di definizione, ha riferito il direttore generale Alessandro Bratti un programma di lavoro tra Ispra, agenzie per l’Ambiente ed Enea sottolineando “che al momento non ci sono evidenze scientifiche della correlazione inquinamento Covid-19”.

Per quanto riguarda i dati dei rapporti Ispra, per il Pm10 primario è il riscaldamento la principale fonte di emissione nel 2018, contribuendo al totale per il 54%. Non solo. Il settore, con un +41%, è l’unico che aumenta le proprie emissioni a causa della crescita della combustione di legna per il riscaldamento residenziale, mentre calano di oltre il 60% quelle prodotte dal trasporto stradale e rappresentano, nello stesso anno, il 12% del totale.

Per l’agricoltura, la maggior parte delle emissioni – quasi l’80% – deriva dagli allevamenti, in particolare dalle categorie di bestiame bovino (quasi il 70%) e suino (più del 10%), mentre il 10% proviene dall’uso dei fertilizzanti sintetici.

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