Confiscato il patrimonio del clan Spada di Ostia

Il tesoro del clan Spada finisce sotto confisca: 18 milioni di euro, che rientreranno nella disponibilità dello Stato.
Il tesoro del clan Spada finisce sotto confisca: 18 milioni di euro, che rientreranno nella disponibilità dello Stato. (Ufficio Stampa Guardia di Finanza)

ROMA. – Tra i beni definitivamente confiscati c’è anche la palestra dove venne aggredito un giornalista della Rai. Un pestaggio a favore di telecamere che fece il giro del mondo mostrando il potere che il clan Spada aveva costruito in un pezzo di Roma, quello che affaccia sul mare.

Un potere fiaccato, però, da indagini e processi e che oggi ha fatto registrare un ulteriore passo avanti: la confisca in via definitiva del patrimonio del gruppo criminale per un valore complessivo di circa 18 milioni di euro.

Un provvedimento emesso dalla sezione delle misure di prevenzione del tribunale di Roma ed eseguito dalla Guardia di Finanza. Si tratta di beni mobili ed immobili che erano finiti già sotto sequestro nell’ottobre del 2018.

I beni degli Spada entrano, quindi, a far parte del patrimonio dello Stato a circa otto mesi distanza dalla sentenza della Corte d’Assise capitolina che il 24 settembre scorso ha emesso 17 condanne nel maxiprocesso. Una sentenza in cui sono stati inflitti anche tre ergastoli ai capi indiscussi del clan: Carmine Spada, Ottavio Spada, detto Marco e Roberto Spada, quest’ultimo l’autore dell’aggressione al cronista Daniele Piervincenzi.

Nel complesso sono state confiscate 19 società, due ditte individuali e 6 associazioni sportive/culturali quasi tutte ad Ostia e operanti in svariati settori: gestione di forni, bar, sale slot, distributori di carburanti, palestre, scuole di danza, il commercio di autovetture e edilizia. Sono poi stati confiscati 2 immobili a Ostia e Ardea (Roma), 13 automezzi e disponibilità finanziarie su rapporti bancari e postali.

Nel provvedimento di oltre duecento pagine il tribunale ricostruisce, grazie alle indagini svolte dagli uomini del Gico, le dinamiche di stampo mafioso che hanno consentito di accumulare un patrimonio così ingente. Estorsioni, usura e traffico di droga: le principali attività illecite messe in atto dal clan per impadronirsi, di fatto, il monopolio dell’attività illecita nel quartiere del litorale.

Gli accertamenti hanno riguardato una cinquantina di persone, tra familiari e soggetti terzi che hanno svolto la funzione di prestanome per i vertici del clan ed erano coinvolti in false compravendite di quote societarie.

“Il sodalizio si connota come di stampo mafioso – scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza del maxiprocesso – per il sistematico ricorso a mezzi violenti e intimidatori tali da generare un diffuso stato di assoggettamento e di omertà”.

Per la Corte d’Assise “gli esponenti del clan potevano contare su una capillare infiltrazione anche nei settori dell’amministrazione della polizia, nei vertici del Municipio di Ostia. Una infiltrazione tale da assicurare una presenza di informatori anche presso la struttura ospedaliera del Grassi come emerso dai timori riferiti da soggetti feriti che hanno preferito non sottoporsi alle cure. Una struttura, anche di controllo, tale da assicurare un flusso continuo e puntuale di introiti illeciti”.

“Un segnale concreto della presenza dello Stato”, ha commentato il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Soddisfazione anche dalla sindaca di Roma, Virginia Raggi.

(di Marco Maffettone/ANSA)

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