Il coronavirus dilaga in Russia, ora Putin rischia

Cittadini con mascherine camminano nella Piazza Rossa di Mosca.
Cittadini con mascherine camminano nella Piazza Rossa di Mosca. (ANSA/EPA)

MOSCA.  – “Putin entra in un bar e dice: “birra per tutti, offre la casa!”. La battuta, gettonatissima, corre di bocca in bocca (e di account in account) da quando lo zar ha decretato il mese di vacanza pagata – dai datori di lavoro – per combattere la diffusione del coronavirus in Russia.

Da quel momento è partito il lockdown vero e proprio. I contagi sono però cresciuti impetuosi e il morso della crisi, anche economica, ha stretto il Paese, che sino a poco tempo fa sembrava quasi immune al virus. E Putin ora si trova a Dover gestire forse la sfida più difficile da quando è salito al potere 20 anni fa.

Partiamo dall’ultimo bollettino. I casi totali in Russia sono arrivati a oltre 52 mila, con un aumento netto nell’ultima settimana (domenica si è toccato il record con oltre 6 mila contagi in un giorno). Mosca, con 29.433 casi, è l’epicentro della crisi. Il resto del Paese (tutte le regioni, compreso il remoto Altai, sono ormai coinvolte) è in ritardo di circa 2-3 settimane. Ed è proprio nella Russia profonda che si teme il collasso del sistema. Per ora il numero ufficiale dei morti è contenuto: “solo” 456.

Ma al di là dei dubbi sulle statistiche ufficiali, ventilati dai critici del Cremlino, è invece certo l’impatto devastante che avrà sull’economia russa la crisi globale scatenata dal COVID-19 (al quale si affianca il crollo verticale del petrolio). È qui che si annida il pericolo maggiore per Putin: una crisi economica, levatrice di quella politica. I primi segni, impalpabili, iniziano a far capolino.

Intanto, il rating. A marzo, stando ai dati dell’istituto demoscopico indipendente Levada, l’indice di gradimento di Putin era al 63%: stellare per un leader normale, ma vicino al minimo storico per lo zar. E gli effetti della crisi economica devono ancora farsi sentire. Le stime, per il 2020, parlano di una contrazione del Pil tra il 5 e l’11% (nello scenario peggiore).

In tutto saranno almeno 15 milioni i lavoratori direttamente colpiti o potenzialmente a rischio e il reddito potrebbe crollare anche del 20%. Il governo ha messo a punto un piano di risposta ma non ha decretato lo stato di emergenza, che aprirebbe la porta ad aiuti straordinari alla popolazione. Da qui la battuta del bar: i denari li mettono gli altri. Ovvero i soliti.

Il malcontento, in questo senso, inizia a fare capolino. I residenti di Rostov-sul-Don hanno tenuto un raduno virtuale contro le restrizioni per l’autoisolamento utilizzando lo strumento “Conversazioni” sulle applicazioni mobili Yandex.Maps e Yandex.Navigator: la gente ha messo gli spilli della localizzazione vicino all’edificio del governo regionale e ha scritto messaggi di protesta sui posti di lavoro persi e la scarsa assistenza sociale.

Un “assalto”, quello virtuale, che è piaciuto ai russi ed è stato replicato nelle principali città, comprese Mosca e San Pietroburgo. Non poteva poi mancare il contributo del principe dell’opposizione, Alexei Navalny. Che, sempre sul web, ha lanciato il suo contropiano per battere la crisi – potenzialmente molto insidioso per il Cremlino. Navalny infatti ha calcolato che le riserve accumulate nei fondi sovrani russi (grazie al petrolio) equivalgono a 120 mila rubli per ogni cittadino.

“Il punto è se li useremo per aiutare le persone e le imprese o se le daremo alle aziende statali e agli oligarchi, come abbiamo fatto nel 2009 o nel 2014”, ha detto. Navalny propone allora di “pagare direttamente le persone, come fanno in altri Paesi, dando 20 mila rubli ad ogni adulto e 10 mila ad ogni bambino”, più una serie di prestiti e agevolazioni fiscali (su Change.org la sua petizione ha già raccolto decine di migliaia di firme). Insomma, Navalny propone un piano all’occidentale: un’idea che potrebbe fare breccia.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

Lascia un commento