Ramadan in casa per milioni di musulmani nel mondo

Personale sanitario disinfetta la porta di una moschea
Personale sanitario disinfetta la porta di una moschea. (Cnn)

BEIRUT. – Il nuovo coronavirus cambierà anche il Ramadan, il tradizionale mese dell’anno in cui un miliardo e mezzo di musulmani in tutto il mondo, chiamati alla purificazione del corpo e dello spirito, digiunano dall’alba al tramonto, e si ritrovano assieme ogni sera con parenti e amici per mangiare, pregare, passare il tempo fino a tarda notte.

Quest’anno la luna nuova del mese islamico di preghiera, digiuno ma anche di festa e di riposo, si avvisterà tra giovedì e venerdì. E per 28 giorni, fino al 22 maggio circa, decine di milioni di musulmani in Medio Oriente e in tutti gli altri angoli del pianeta dovranno fare i conti con le misure restrittive imposte dalle autorità dei vari Paesi per limitare il più possibile il diffondersi dell’epidemia.

Ma non si registra ovunque lo stesso grado di rispetto del distanziamento sociale e della quarantena. Con l’esclusione del Pakistan, dove si contano più di 8 mila casi e oltre 170 decessi per Covid-19, in tutti i Paesi arabo-islamici sono state vietate le preghiere comunitarie del venerdì. E quasi ovunque è stata disposta la chiusura delle moschee e dei santuari.

Particolare effetto farà vedere vuoti i luoghi simbolo delle tre più importanti città sante dell’Islam: le spianate delle moschee di Mecca e Medina in Arabia Saudita, e quella della moschea al Aqsa di Gerusalemme. Così come da settimane sono disertati in maniera forzata i santuari sciiti di Karbala, Najaf, Kazimiya e Samarra in Iraq, o quelli di Qom e Mashhad in Iran. Nessuna preghiera rituale serale in moschea, ma soltanto a casa, di fronte alla tv.

Con ristoranti e locali pubblici di fatto chiusi dall’Oceano Atlantico al Golfo, e con l’imposizione del coprifuoco notturno in molti Paesi, sarà anche difficile immaginare di assistere alle tradizionali tavolate di iftar – il pasto rituale della rottura quotidiana del digiuno – apparecchiate nelle vie delle città, dal Cairo a Damasco a Baghdad, e illuminate dalle lanterne, icona tipica di Ramadan assieme alla mezzaluna.

“Non ci saranno raduni all’esterno, ma le visite tra i familiari continueranno”, assicura Maher, commerciante di Aleppo, metropoli siriana martoriata dalla guerra. In Siria, dove il conflitto continua a intermittenza ed è entrato nel suo decimo anno, c’è disperato bisogno di far ripartire l’economia.

“I mercati sono affollati e durante il giorno quasi nessuno rispetta le misure di sicurezza”, ammette Maher parlando con ANSAmed. “I negozi sono aperti, tutti stanno facendo la spesa per Ramadan”. In Siria non si ha una forte percezione del pericolo del Covid-19. Nelle zone governative, in quelle sotto controllo curdo a est e in quelle sotto influenza turca nel nord-ovest, si registrano ufficialmente una trentina di casi positivi e in tutto quattro decessi. Ma le autorità non hanno gli strumenti per fare test.

Nel vicino Libano, dove si sono registrati oltre 600 casi positivi e una ventina di morti formalmente attribuiti al coronavirus, ci si prepara a un Ramadan più sommesso: “La paura è tanta e ci costringerà a rimanere a casa”, afferma Hasan da Beirut, padre di quattro figli e con i genitori anziani. Ma è difficile abbandonare l’idea di un mese passato a riunirsi in famiglia: “Invece di uscire, ci trasferiremo dai miei genitori, così potremo stare tutti assieme senza doverci spostare ogni giorno”.

Quel che di sicuro non mancherà saranno le serate passate a guardare, bruscolini alla mano, serie e film sulle piattaforme televisive, già pronte col catalogo “Ramadan 2020 tutti a casa”.

(di Lorenzo Trombetta/ANSAmed)

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