Allarme Confindustria, chiuse o semichiuse il 70% delle imprese

Uno stabilimento di imbottigliamento di bevande
Uno stabilimento di imbottigliamento di bevande. (ANSA)

ROMA. – Solo il 29,7% delle imprese è in piena attività, le altre chiuse (36,5%) o parzialmente chiuse (33,8%). Il 43% dei dipendenti non sta lavorando, il 53,1% sta usufruendo o potrebbe usufruire di ammortizzatori sociali. I ricavi di marzo sono diminuiti quasi di un terzo (-32,6%) rispetto alla “normalità” di un anno prima, così come il numero di ore lavorate (-32,5%).

E’ lo spaccato che emerge dalle risposte di 4.220 imprese ad un sondaggio di Confindustria: una istantanea su come gli imprenditori italiani stanno vivendo questo difficile momento mentre, in Confindustria e nel Paese, resta infuocato il dibattito su tempi e modalità per far ripartire le attività produttive bloccate dall’emergenza Covid-19. C’è scoraggiamento: gli imprenditori “si sentono disarmati”, il 78,2%.

“Le imprese con problemi molto gravi sono adesso il 43,7% contro il 14,4% della precedente indagine” di fine febbraio. In questo caso le risposte delle imprese sono state raccolte tra il 4 ed il 14 aprile, con un questionario online, dal Centro Studi e dell’Area Affari Internazionali di via dell’Astronomia.

Con “un netto peggioramento”: salgono dal 67,2 al 97,2% le aziende che hanno subito un impatto negativo. Il 26,4% dei dipendenti delle aziende intervistate svolge attualmente la propria attività in smart working: Campania (53,0%), Lazio (45,0%), Piemonte (28,0%), e Lombardia (27,8%) superano la media nazionale.

Basilicata (88,2%, ma i dati sulla regione sono falsati da poche riposte al sondaggio), Calabria (73,5%), Marche (69,7%) e Liguria (68,0%) sono invece le regioni con la più alta percentuale di dipendenti inattivi. L’Abruzzo ha il numero più elevato di dipendenti che lavorano ancora in sede (58,5%).

La frenata è “visibilmente” più marcata nelle imprese con meno di 10 dipendenti: -39,7% del fatturato, -37,3% delle ore lavorate. Il 19,6% degli imprenditori segnala “forti disagi legati alla mancanza di materiale sanitario essenziale per lo svolgimento del lavoro in sicurezza”.

E’ parte del 59,3% che segnala problemi di “gestione delle attività”: la prima emergenza è la mancanza della liquidità necessaria a garantire il normale funzionamento aziendale. Quanto al clima, “è stato chiesto agli imprenditori quali fossero le strategie che metterebbero in atto per superare la crisi. Nella maggior parte dei casi (78,2%) si sentono disarmati e non possono che attendere il ritorno alla normalità”.

E’ un dato che se “interpretato in chiave più ottimistica”, rileva comunque il sondaggio, potrebbe anche indicare che il problema è vissuto “come temporaneo e che gli effetti, seppure estremamente negativi, auspicabilmente saranno effimeri”.

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