Conte accelera piano fase 2, Le Regioni chiedono autonomia

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi,
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, Roma, 1 aprile 2020. (ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI/FILIPPO ATTILI)

ROMA. – Accelerare il varo del piano nazionale per la “fase 2” di “convivenza” con il Coronavirus, che dovrebbe partire dal 4 maggio, per frenare l’agitazione delle Regioni e permettere ad aziende e cittadini di prepararsi alla graduale ripartenza.

A questo lavora il premier Giuseppe Conte, insieme ai ministri, alla task force e al comitato tecnico scientifico, anche se c’è chi come Walter Ricciardi dice che è ancora troppo presto per la fase 2. Vittorio Colao punta a consegnare già a metà settimana al governo la sua relazione, che avrà al centro attività produttive e trasporti. Già mercoledì quel documento potrebbe essere discusso nella cabina di regia con le Regioni e i Comuni. Per avere già in settimana – o all’inizio della successiva – le linee guida per le riaperture.

Mercoledì il governo dovrebbe anche approvare scostamento del deficit e Documento di economia e finanza che disegneranno i confini del decreto di aprile. Il governo potrebbe da subito, con un’ampia richiesta di deficit, anche sterilizzare le clausole Iva.

Si sta lavorando a un nuovo decreto economico per aprile che potrebbe valere – annuncia il ministro Stefano Patuanelli – il triplo del decreto Cura Italia, dunque oltre 70 miliardi. Potrebbe trovare spazio anche la compensazione dei crediti e debiti della Pa.

“Molti di noi non riapriranno più”, è l’allarme del presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi, che lamenta la mancanza di imprenditori nella task force di Colao: “Siamo in ritardo, studiare un modello” di ripartenza “da qui al 4 maggio non è semplice”.

Più fonti di governo definiscono in calo l’idea di sbloccare alcuni settori, come la moda e l’edilizia, il 27 aprile. Ma anche gli enti locali continuano a spingere in questa direzione e non escludono di strappare qualche concessione, anche prima che il 4 maggio parta il piano nazionale.

“Nulla accadrà prima del 25 aprile, poi vedremo”, dice Giovanni Toti. Frenano però gli scienziati: “È assolutamente troppo presto per iniziare la fase 2: i numeri, soprattutto in alcune Regioni, sono ancora pieni di una fase 1 che deve ancora finire”, dice Walter Ricciardi, nel comitato Oms e consulente del ministero della Salute, cui la Lega chiede le dimissioni dopo un tweet – poi cancellato – contro Donald Trump.

E’ infiammato il dibattito anche sull’idea, prevalente nel governo, di mantenere anche a maggio limitazioni agli spostamenti tra Regioni. E di “regionalizzare”, come dice Patuanelli, la ripartenza. Luca Zaia, con riferimento alla chiusura dei confini minacciata da Vincenzo De Luca, afferma: “Non è Nord contro Sud, è Sud contro Nord”.

La logica del governo è evitare che si riaccendano focolai di contagio o che arrivino in Regioni finora risparmiate. Perciò, spiega il ministro Francesco Boccia, nel piano del governo sarà alle Regioni l’autonomia da loro invocata ma solo come possibilità di introdurre misure più restrittive, non per allentare i divieti. L’importante, sollecita Nicola Zingaretti, è dare “presto” delle linee guida chiare “su “come” riaprire per permettere alle Regioni di dare a famiglie e imprese certezze”.

La discussione del governo potrebbe aprirsi già nel Cdm convocato per il rinvio delle amministrative: la finestra per le regionali, su cui è forte il pressing dei governatori del Nord, dovrebbe andare dal 12 luglio al 1 novembre.

Quanto alle riaperture, il faro resta la tenuta dei presidi sanitari. Conte lo ha spiegato agli enti locali: la priorità è “implementare i Covid hospital, l’assistenza territoriale” e accelerare sull’App per tracciare i contagiati. In questo senso potrebbe essere decisa una ripartenza rallentata per i territori che sono più indietro.

L’altro grande problema, su cui prosegue anche in giornata il lavoro della task force, è quello dei trasporti: si studiano numeri limitati, posti distanziati, obbligo di mascherine, misurazione della febbre in metropolitana, e anche orari degli uffici prolungati, per evitare l’ora di punta. Ma poiché potrebbe non bastare, sarà ancora più incentivato l’uso dello smart working.

Sul tema Conte si confronterà con le parti sociali, che potrebbe vedere a inizio settimana, anche per provare a “rafforzare” i protocolli di sicurezza sul lavoro elaborati a marzo.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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