Coronavirus in Italia: ancora in calo le terapie intensive, in diminuzione le vittime

Reparto di terapia intensiva nell'ospedale di Brescia.
Reparto di terapia intensiva nell'ospedale di Brescia. ANSA/ANDREA FASANI

ROMA. – I numeri dell’epidemia di Covid-19 in Italia continuano a fornire un quadro in linea con quanto si sta osservando da giorni, ma qualcosa di nuovo arriva dal confronto fra i dati sui decessi forniti dalla Protezione civile con i dati Istat: “i dati di due istituzioni italiane forniscono un quadro diverso in quanto i decessi riportati dall’Istat sono superiori rispetto a quelli certificati come causati da Covid-19, ma soprattutto indicano un andamento diverso nel tempo”, osserva il fisico Federico Ricci Tersenghi, dell’Università Sapienza di Roma.

Vale a dire che la curva che si deduce dai dati Istat ha un andamento diverso dal plateau che continuiamo a vedere da tempo e indicherebbe un picco avvenuto intorno al 20 marzo. I dati forniti oggi dalla Protezione civile indicano 809 nuovi casi in più nell’arco di 24 ore e 482 decessi in più rispetto a ieri; continuano inoltre a ridursi i ricoveri nelle unità di terapia intensiva, con 79 in meno in un giorno.

“Non ci sono sorprese nei dati”, rileva Ricci Tersenghi. “Continuiamo a vedere un plateau in molte regioni. Vanno meglio i numeri relativi ai ricoveri e alle terapie intensive, ma quelli relativi ai decessi sono costanti da settimane e non sembra esserci decrescita netta”.

Riguardo ai nuovi casi, negli ultimi giorni si registra un aumento nel Lazio; considerando invece i decessi il Lazio si trova su un plateau,così come la Toscana e la Liguria, mentre in Emilia Romagna la curva sta scendendo molto lentamente, tanto che negli ultimi 30 giorni è passata da 90 a 60 decessi al giorno. Anche il Veneto continua a registrare quotidianamente lo stesso numeri di decessi ormai da 25 giorni.

“E’ un plateau che continua in modo estenuante, eppure gli ospedali non sono in crisi. Sono numeri difficili da spiegare”. Tuttavia analizzando i dati Istat sui decessi si vede qualcosa di nuovo. I dati riguardano il numero medio dei decessi negli ultimi anni e il numero complessivo dei decessi avvenuti dall’inizio del 2020 fino al 4 aprile.

Quando dal totale dei decessi si sottrae il numero medio dei decessi avvenuto negli anni precedenti si osserva un eccesso di morti dovute all’epidemia che comprendono sia le morti causate direttamente dalla Covid-19, sia morti indirettamente legate all’epidemia e dovute, per esempio, a normali patologie che non è stato possibile trattare a causa dello stress cui è stato sottoposto il servizio sanitario.

Sono emerse così “due anomalie”, rileva Ricci Tersenghi. La prima è nel fatto che “il numero reale dei decessi è stato molto più grande nelle regioni più colpite”. In Lombardia, per esempio, è stato quasi doppio. La seconda anomalia è nel fatto che si sposta la data del picco, che “in tutte regioni più colpite risulta essere avvenuto intorno al 20 marzo”.

Un’indicazione che conferma le attese e le previsioni statistiche: “è proprio quello che ci si aspettava e che non vedevamo”, osserva l’esperto. E’ il segno, commenta il fisico, “di ritardi che probabilmente sono avvenuti nel momento in cui ci sono stati i decessi”.

In pratica continuiamo a vedere un quadro che risale ad almeno 20 giorni prima: “una fotografia non reale”. Per questo motivo, rileva Ricci Tersenghi, “sarebbe importante che Istituto Superiore di Sanità e Istat interagissero ai fini di una validazione dei dati, prima che vengano adottate decisioni importantissime in vista della fase 2”.

(di Enrica Battifoglia/ANSA)