Erdogan libera 90 mila detenuti, esclusi dissidenti

Un lavoratore sanitario misura la febbre ad un automobilista in un controllo stradale ad Ankara.
Un lavoratore sanitario misura la febbre ad un automobilista in un controllo stradale ad Ankara. (ANSA/ EPA/STR)

ISTANBUL.  – Anche in Turchia arriva un provvedimento svuota carceri contro il coronavirus. Il Parlamento di Ankara ha approvato la scorsa notte una maxi-amnistia di fatto che permetterà a 90 mila detenuti, quasi un terzo del totale, di essere liberati o trasferiti ai domiciliari.

Una riforma delle norme sull’esecuzione penale da tempo voluta dall’Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan e dai suoi alleati nazionalisti del Mhp e resasi urgente per i rischi di diffusione del Covid-19 nei 355 istituti penitenziari, che secondo l’ultimo rapporto “Space” sono i più sovraffollati tra quelli degli Stati membri del Consiglio d’Europa, con 123 prigionieri per ogni 100 posti disponibili.

Mentre i contagi in Turchia sono cresciuti rapidamente dal primo caso confermato l’11 marzo, e oggi superano i 60 mila, nelle sue prigioni si sono ammalati finora 17 detenuti, tre dei quali sono morti.

“Sono convinto che i cittadini” liberati “saranno degni della fiducia accordata loro dallo Stato e dal popolo”, ha commentato Erdogan, spiegando di aver seguito per il provvedimento “un approccio umanitario a favore delle persone anziane, di quelle in cattive condizioni di salute e delle donne incinte”.

Tra i beneficiari non ci sono però i dissidenti politici, arrestati a migliaia negli ultimi anni dopo il fallito golpe del 2016. Molti di loro sono infatti condannati con accuse di terrorismo, uno dei reati esclusi dagli sconti di pena insieme a quelli di droga, violenze su donne e minori, abusi sessuali e omicidio di primo grado.

Ma le ong e le opposizioni protestano, denunciando la controversa interpretazione estensiva del reato, che negli anni scorsi ha fatto anche arenare le trattative con l’Ue per l’abolizione dei visti ai cittadini turchi. Human Rights Watch ha parlato di un provvedimento che va “nella giusta direzione” ma sconta “un’esclusione in blocco di migliaia di detenuti condannati per terrorismo, tra cui persone in pericolo di vita di fronte al virus”.

Tra questi ci sono politici e giornalisti come l’ex leader curdo Selahattin Demirtas, che soffre di problemi respiratori, lo scrittore 70enne Ahmet Altan e il filantropo Osman Kavala. Sulle barricate c’è anche il Chp, principale forza di opposizione, che ha già annunciato di voler ricorrere contro il provvedimento alla Corte costituzionale.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)