Cina teme l’ondata di ritorno, è caccia agli stranieri

Un operaio cinese nell'ospedale Leishenshan in Wuhan, Ciina,
Un operaio cinese nell'ospedale Leishenshan in Wuhan, Ciina, EPA/ROMAN PILIPEY

PECHINO. – Un cartoon sui social media in mandarino, da WeChat a Weibo, ha confermato una settimana fa come in Cina un sentimento d’intolleranza verso lo straniero abbia raggiunto livelli preoccupanti. Coi crescenti timori di un’ondata di ritorno del Covid-19, le vignette sono state presentate come un “manuale illustrato per classificare la spazzatura straniera”.

Dieci casi di atti “immorali” e 4 bidoni colorati: in uno degli episodi, un ragazzo di colore è scaraventato in uno dei contenitori e prontamente disinfestato. La spiegazione è la seguente: “Ero stato invitato qui e non ho potuto rispettare per niente le piccole avvertenze richiestemi dalla quarantena”.

Il cartoon, creato e postato il 2 aprile dal WeChat blog ‘Koi Youth’, è finito nel frattempo nelle maglie della censura, ma non ha mancato di alimentare un dibattito tra i netizen, facendo emergere anche un sentimento di rivalsa dopo che i cittadini cinesi (in generale asiatici) erano stati trattati a livello globale come untori quando il contagio del coronavirus nel Dragone, primo epicentro della pandemia, sembrava inarrestabile.

Uno degli ultimi casi di intolleranza è emerso nella comunità africana della megalopoli Guangzhou, nel sud del Paese, che ha denunciato discriminazioni, tra persone rimaste senza casa in settimana o cacciate dagli hotel, malgrado sostenessero di non avere avuto precedenti di viaggi o contatti noti con malati di Covid-19.

Un fenomeno, ha riportato la Cnn, condizionato dall’allerta delle autorità di Pechino sui casi importati che ha generato forti sentimenti anti-stranieri. Eppure, sui 1.183 casi importati finora accertati, circa il 90% è costituito da cittadini cinesi (soprattutto studenti), ha chiarito il ministero degli Esteri, secondo cui la “Cina e i Paesi africani sin dall’inizio dell’epidemia continuano a sostenersi e il governo tratta tutti gli stranieri allo stesso modo e si oppone a pratiche differenziate per gruppi specifici”.

Fatto sta che l’Unione africana è intervenuta esprimendo “estrema preoccupazione” per i fatti di Guangzhou, l’ex Canton, mentre Washington ha denunciato la “xenofobia” dei cittadini cinesi, mettendo in guardia la comunità afroamericana dai rischi di una visita nel capoluogo della provincia del Guangdong.

Nei giorni scorsi il presidente Xi Jinping ha esortato le autorità a controllare e frenare con maggiore attenzione i casi importati da altri Paesi.

C’è il serio rischio di una crisi diplomatica con la Russia dopo la chiusura della frontiera a Suifenhe, nel nordest cinese dello Heilongjiang, diventata la nuova Wuhan, in lockdown da mercoledì per contenere il contagio.

La stessa Hong Kong, non lontano da Guangzhou, è finita nel mirino, già colpita dalla seconda ondata: all’inizio di marzo, c’erano solo 150 casi di infezioni da coronavirus, mentre ora ce ne sono quasi mille, di cui molti importati dall’estero.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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