Boris Johnson non molla, ma il Regno ora naviga a vista

Il primo ministro britannico Boris Johnson.
Il primo ministro britannico Boris Johnson. (ANSA/EPA)

LONDRA.  – Boris Johnson è in condizioni “stabili”, ha trascorso “una notte confortevole”, non è sottoposto a “ventilazione meccanica”, non risulta aver sviluppato una polmonite ed è persino “su di morale”.

Se non fosse che è ricoverato da ieri in terapia intensiva al St Thomas hospital di Londra, che fa fatica a respirare, che ha bisogno di una somministrazione “standard d’ossigeno” anche secondo la versione ufficiale e che è stato costretto a lasciare un Paese senza guida nel pieno di un’emergenza Covid-19 segnata oggi dal record europeo di morti, a leggere l’ultimo bollettino di Downing Street ci sarebbe da tirare un sospiro di sollievo.

Ma la verità è che nel Regno Unito non è tempo di sollievo per nessuno. Gli interrogativi sul primo ministro Tory e sul decorso del suo contagio da coronavirus – in un reparto dove riceve “cure eccellenti”, assicurano i suoi ministri, e nel cui organico non manca la presenza d’un luminare italiano, il calabrese Luigi Camporota, specialista proprio di difficoltà respiratorie – restano tutti da sciogliere.

Così come quelli sul passaggio di consegne solo parziale al vertice del governo al 46enne ministro degli Esteri, Dominic Raab: suo vice de facto in quanto Primo Segretario di Stato, ma non de jure né di sostanza.

La conta dei caduti causati oltremanica dall’epidemia allinea nelle ultime 24 ore altre 786 vittime, stando ai dati aggiornati del ministero della Sanità, record europeo di giornata fino a un totale di oltre 6.100. E inverte di nuovo le indicazioni positive dei giorni precedenti. Mentre la curva dei contagi, pur stabilizzata a 4.000 al giorno, non esprime una flessione tale da spazzare via gli incubi più neri (addirittura 66.000 morti nello scenario peggiore per l’isola calcolato da qui a luglio nelle proiezioni di un’eccentrica ricerca di matematici Usa).

Intanto i media chiedono “trasparenza” piena a Downing Street sulla salute del premier. Un pericolo imminente per la sua vita appare in effetti escluso, al momento, ma i punti di domanda rimangono numerosi.

Pesano le contraddizioni fra il tono di rassicurazione quasi assoluta dato fino a ieri pomeriggio e l’annuncio repentino dello spostamento “precauzionale” in terapia intensiva scattato neppure due ore dopo l’ultimo briefing alla camomilla.

Tanto più che accademici di chiara fama come Derek Hill, del London University College, non esitano a esprimere la convinzione che BoJo sia ora “estremamente malato”.

L’altro elemento di allarme riguarda il governo del Paese e la tenuta della catena di comando. Vulcanico, entusiasta, positivo, Boris – se ne condividano o meno le idee – è senza dubbio l’uomo politico britannico su piazza capace più di ogni altro d’infondere ottimismo fra la gente, o almeno di provarci; figura difficile da sostituire nel dramma attuale, come conferma lo sconforto e la pioggia d’auguri di pronta guarigione – di rito, ma con un fondo di sincerità – che gli arrivano in queste ore da ogni parte: da persone comuni come dalla regina, dai compagni di partito come dagli avversari, dai leader alleati ai rivali, da Donald Trump a Vladimir Putin.

Difficile da sostituire soprattutto per Raab, brexiteer tanto inflessibile quanto garbato, figlio di padre ebreo ceco sfuggito al nazismo e di madre inglese, avvocato self-made man con alle spalle studi giuridici brillanti a Oxford e Cambridge e una carriera governativa sprint, ma figura dal carisma politico esitante e dalla gaffe facile: incaricato per ora di presiedere alle riunioni dell’esecutivo e alla sicurezza nazionale, ma non fino a ricevere l’incarico pieno di premier facente funzioni o di tenere i contatti con la sovrana.

Un rimpiazzo a metà, insomma, protagonista oggi stesso d’un primo confronto “costruttivo” con il neo leader dell’opposizione laburista, Keir Starmer, e di una conferenza stampa sull’emergenza in cui da un lato ha assicurato di essere pronto a prendere le decisioni necessarie “senza battere ciglio” anche in assenza di Johnson; dall’altro s’è però rimesso alla “responsabilità collettiva” del consiglio dei ministri.

Un consesso nel quale ha perso il puntello di un uomo chiave, l’esperto ministro dell’Ufficio di Gabinetto, Michael Gove, da oggi isolato a casa a causa del sospetto contagio d’un familiare. E nel quale alle sue spalle Downing Street indica già come vice del vice il 39enne emergente cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak: pronto a insidiarne l’autorità.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)