Famiglie più povere a fine 2019, timori delle imprese

Signore fanno la spesa nel super mercato.
Signore fanno la spesa nel super mercato. (ANSA)

ROMA.  – Le finanze delle famiglie italiane scricchiolavano già prima che il Coronavirus sprigionasse i suoi effetti. A fine 2019 il reddito e il potere d’acquisto girano in negativo, accompagnati da uno stallo dei consumi. Ma non tutte le voci di spesa possono essere tagliate dall’oggi al domani. E talvolta per farvi fronte non c’è altra soluzione se non intaccare il risparmio, che infatti flette.

Questa la fotografia dell’Istat sugli ultimi tre mesi di un 2019 che però sembra lontano anni luce da questo inizio 2020. Le preoccupazioni delle imprese non fanno che crescere e i primi dati sull’impatto dell’epidemia non lasciano scampo. L’indice Pmi sull’andamento dell’attività economica a marzo piomba al minimo storico.

Alle soglie di quella che sarà un’inevitabile recessione e che Confindustria teme possa tramutarsi addirittura in una “depressione economica”, c’era quindi un Paese in affanno. Ce lo dicevano già le stime sul calo del Pil negli ultimi tre mesi del 2019 e adesso arriva la conferma anche per quel che riguarda le casse domestiche.

Il reddito disponibile delle famiglie perde lo 0,2% nel quarto trimestre, segnando un’inversione di rotta rispetto alla crescita che aveva caratterizzato il resto dell’anno. Il potere d’acquisto fa peggio e scende dello 0,4%, risentendo della “mini-risalita” messa a segno dell’inflazione a dicembre.

Segnali d’impoverimento che si riflettono su una spesa che resta a zero e una riduzione, seppure di un decimo di punto, della propensione al risparmio.

Intanto la pressione fiscale nell’ultimo trimestre si alza e tocca quota 51,2%. Come di tradizione il finale d’anno è sempre il più pesante, con le scadenze del fisco che si accumulano proprio in quella finestra. Il 2019, però, lo è stato più del 2018. Lo testimonia il dato medio, che si attesta al 42,4%, in rialzo di 0,5 punti sull’anno precedente.

Fin qui quello che è stato. L’Istat presto, martedì 7 aprile, comincerà anche a dare le prime indicazioni sulle ripercussioni economiche dell’emergenza. Saranno i primi dati statistici ufficiali sull’economia di guerra e non è escluso il ricorso a nuove tecniche d’indagine per rimediare a una copertura che non può non avere buchi vista la situazione. Il presidente dell’Istituto, Gian Carlo Blangiardo, in un’intervista al Mattino anticipa che “in termini di fatturato, la perdita in un mese di inattività è 100 miliardi”.

Non confortano i valori dell’indice Pmi che monitora l’andamento dell’attività manifatturiera e dei servizi in base al polso della situazione che ne hanno i direttori d’acquisto. I nuovi ordini sono crollati ai livelli più bassi di sempre. Lo stesso è accaduto in Germania. A riprova che il Coronavirus non conosce confini e, tra l’altro, sbarra anche le porte all’export.

Quanto alle famiglie, per il Codacons “il potere d’acquisto degli italiani rischia di crollare nel primo trimestre del 2020 come effetto dei minori redditi da lavoro cui fa da contraltare un sensibile aumento dei prezzi nel settore alimentare e dei generi di prima necessità”. In effetti a marzo l’inflazione calcolata sul carrello della spesa è quadruplicata. Siamo ancora a livelli bassi (1,2%, a fronte di un tasso generale allo 0,1%) ma il combinato disposto tra la contrazione delle entrate e il carovita peggiorerebbe le difficoltà.

Secondo l’Unione nazionale dei consumatori (Unc) i dati dell’Istat mostrano “che l’Italia era inguaiata ed era già in piena crisi ben prima dell’arrivo di questo tsunami”. Per arginare gli effetti “devastanti” del Covid-19 la ricetta, dice l’Unc, non può però passare per “indennizzi a pioggia”: andrebbero tarati al reddito complessivo familiare, “stabilendo come soglia quella del bonus di 80 euro”.

(di Marianna Berti/ANSA)

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