Cantante turca dissidente muore in sciopero della fame

Familiari amici e fans della cantante turca Helin Bolek attorno alla bara nel funerale.
Familiari amici e fans della cantante turca Helin Bolek attorno alla bara nel funerale. (ilerihaber.org)

ISTANBUL.  – Un largo telo coperto di fiori rossi e gialli avvolge il corpo, ridotto a uno scheletro ancor prima di morire. Il sorriso combattivo della ragazza ritratta mentre si esibiva sul palco o alle manifestazioni di protesta non c’è più.

A 28 anni, Helin Bolek si è spenta a Istanbul dopo 288 giorni di uno sciopero della fame che l’aveva resa fragilissima nel fisico, senza intaccarne la determinazione.

Si è conclusa così la battaglia nonviolenta della musicista della storica band Grup Yorum, simbolo della sinistra in Turchia sin dagli anni Ottanta. Bolek protestava con il digiuno insieme a un altro membro del gruppo, Ibrahim Gokcek, chiedendo la scarcerazione dei suoi compagni detenuti con accuse di “terrorismo” e denunciando il bando imposto dal 2016 ai loro concerti e alle altre attività culturali.

Il mese scorso le autorità l’avevano portata in ospedale con la forza, ma lei aveva rifiutato il nutrimento perché le sue richieste venivano ignorate. E ora, denuncia l’opposizione al presidente Recep Tayyip Erdogan, “è stata uccisa” dal silenzio fatto calare su di lei.

Sui social media, i Grup Yorum condividono le immagini dei pianti straziati attorno al corpo di questa giovane donna e degli slogan di protesta scanditi mentre la sua leggerissima bara in legno viene portata a spalla da un corteo di sole donne.

Immagini drammatiche accompagnate dall’appello del suo compagno di digiuno, giunto per lui al 291/mo giorno, che avvolto nelle coperte prende in mano il microfono e dà fondo alle energie residue per pronunciare con un filo di voce un ricordo che è insieme una denuncia: “O sarebbe morta lei, o sarei morto io. Lei è morta, ora morirò io. E che succederà? Siete contenti adesso?”.

Mentre un misto di commozione e rabbia avvolge amici, parente compagni di Helin Bolek, la notizia della sua drammatica fine riecheggia mentre crescono gli appelli al governo di Ankara a non abbandonare in carcere con il rischio di ammalarsi di coronavirus i dissidenti in precarie condizioni di salute.

Un invito rilanciato oggi da Human Rights Watch, mentre in Parlamento è iniziata la discussione sulla maxi-amnistia che tra pochi giorni potrebbe liberare 90 mila prigionieri.

Tra i beneficiari, però, non rientrano attualmente molti dei principali oppositori di Erdogan, dal leader curdo Selahattin Demirtas, che soffre di problemi cardiaci, allo scrittore e giornalista 70enne Ahmet Altan, che secondo l’ong sono tra i tanti detenuti “in pericolo di vita di fronte al virus”.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)

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