Nord Europa apre a solidarietà ma resta veto Coronabond

Grafica Mes Coronabond.
Grafica Mes Coronabond. (ANSA)

BRUXELLES.  – Dopo giorni di polemica e attacchi contro egoismo e mancanza di sensibilità, il fronte del Nord Europa si sente sotto accusa e fa una parziale retromarcia.

Sia Germania che Olanda menzionano a telecamere accese la parola che ricorre negli argomenti di tutti quelli che, di fronte allo stallo di questi giorni, vedono il progetto europeo a rischio: solidarietà, che ora anche dal Nord sono disposti a dimostrare.

Ma non con i Coronabond, chiariscono subito. Per capire quindi in cosa si tradurrà la solidarietà versione rigorista, bisogna aspettare l’Eurogruppo del 7 aprile, chiamato una volta per tutte ad indicare la risposta alla crisi economica che galoppa. Ne farà parte anche il fondo anti-disoccupazione da 80-100 miliardi che sta preparando la Commissione Ue.

Il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz parla in una conferenza stampa di “profondo turbamento” di fronte alle “immagini che arrivano dall’Italia e dalla Spagna”. Non devono essere “solo uno sprone sul fronte medico e sanitario, ma anche un appello” ad agire in modo solidale in Europa. La Germania è “pronta”, ma per “una solidarietà che va pensata e realizzata in modo intelligente”.

Più o meno nelle stesse ore, anche il collega olandese, Wopke Hoekstra, faceva lo stesso mea culpa con una tv locale. “Ho mostrato troppa poca empatia, avrei dovuto fare di meglio”, ha detto, convinto che “una Ue forte è anche nel nostro interesse, avremmo dovuto mettere questo davanti” a tutto. E ora “vogliamo vedere in modo solidale cosa è razionale e ragionevole” fare.

Ma il cambio di atteggiamento non modifica la sostanza della situazione. “La nostra posizione sui Coronabond è ferma”, ha chiarito Hoekstra, sempre convinto che nuove emissioni di titoli con garanzie comuni creerebbero rischi a tutta la zona euro.

Anche la Germania è irremovibile: non sono gli eurobond la strada per contrastare l’impatto del coronavirus. “É il Mes lo strumento che può permettere, aprendo una linea di credito, di facilitare i compiti degli Stati”, ha spiegato Scholz. Che vede già una strada chiara per “semplificare il finanziamento” dei Governi: aprire una linea di credito precauzionale. Una modalità che l’Italia aveva escluso fin dall’inizio, perché carica di controindicazioni tra cui le condizionalità e il controllo delle istituzioni sul bilancio nazionale.

Ci sarebbe un’altra linea di credito di cui si potrebbero alleggerire le condizionalità, spiega il direttore generale del Mes, il tedesco Klaus Regling, cercando però di non infiammare un dibattito già rovente.

Ma per l’Italia il Mes “non può essere la soluzione”, ha ribadito oggi il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli. Che rilancia il vero tema centrale per i Paesi promotori dei Coronabond: “Tutti saranno chiamati a fare maggiore debito per affrontare l’emergenza sanitaria. Il debito deve essere condiviso”.

La questione adesso è centrale anche per il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno, che l’ha indicata come primo punto della lettera con cui convoca i ministri dell’economia il 7 aprile. Tutto questo debito che in molti faranno – è il timore sollevato dal portoghese – renderà la zona euro ancora più frammentata di quanto non sia già oggi, con Paesi in surplus e Paesi con ampi deficit.

Bisogna trovare il modo di assorbirlo o comunque renderlo innocuo, e per questo Centeno chiede ai ministri di presentare proposte efficaci. Le emissioni comuni saranno sul tavolo, ma lo stesso Regling avverte che, anche se si creasse uno strumento nuovo, ci metterebbe almeno uno-due anni prima di andare sul mercato.

Per questo forse alcuni Paesi guardano alla Bei, che già funciona emettendo titoli comuni, con garanzie degli Stati che potrebbero essere aumentate, e senza avere vincoli come il Mes. Anche la Commissione Ue si presenterà all’Eurogruppo con una proposta: un fondo anti-disoccupazione che darà prestiti ai Governi per finanziare le iniziative destinate a chi si trova in casa integrazione per favorirne il rientro nel mondo del lavoro.

I prestiti Ue potranno essere garantiti da fondi ancora a disposizione nel bilancio europeo e da risorse messe a disposizione dai Paesi membri.

(di Chiara De Felice/ANSA)

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