L’ospedale della Fiera a Milano, scommessa vinta in dieci giorni

La scritta Grazie nel corridoio di ingresso del nuovo Ospedalefieramilano a Milano
La scritta Grazie nel corridoio di ingresso del nuovo Ospedale Fieramilano a Milano, 31 marzo 2020.ANSA/Mourad Balti Touati

MILANO. – Qualcosa che nessuno avrebbe mai pensato di dover realizzare, prima che il coronavirus aggredisse la Lombardia portando allo stremo la capacità dei reparti di rianimazione. Ora la “più grande terapia intensiva d’Italia”, come l’ha definita Ezio Belleri, dg del Policlinico che gestirà la struttura, è là. Pronta all’interno dei padiglioni della fiera di Milano e si prepara ad accogliere i primi pazienti, probabilmente da lunedì.

E nella drammaticità della crisi segna dei record: costruita in 10 giorni, a breve potrà ospitare oltre 200 malati, “potenzialmente” anche 350, come ha annunciato l’assessore al Welfare Giulio Gallera.

“Abbiamo fatto una promessa e l’abbiamo mantenuta”, ha scritto Guido Bertolaso, nei giorni scorsi colpito anche lui da Covid-19 e ricoverato al San Raffaele, in un messaggio letto durante la presentazione del nuovo ospedale. Lui che è stato chiamato, per realizzare l’impresa, dal presidente lombardo Attilio Fontana, che un paio di settimane fa iniziò a lavorare sull’idea di una struttura a Fieramilanocity per dare fiato alle terapie intensive, scontrandosi anche con la Protezione civile.

“Sarà il simbolo della battaglia vinta contro il coronavirus e il simbolo della ripresa della nostra regione”, ha detto il governatore che, tra l’altro, ha attaccato la “burocrazia terribile che non demorde: noi abbiamo un’azienda che potrebbe realizzare 900 mila mascherine al giorno – ha spiegato – Nonostante ciò, l’Istituto superiore della sanità ha chiesto tempo per poter rilasciare la certificazione che ci permette la distribuzione”.

L’Istituto, poi, ha fatto sapere che “appena abbiamo i risultati sulle prove tecniche di capacità di filtraggio delle mascherine, possiamo renderle immediatamente autorizzate”.

Intanto, alla Fiera, come ha scritto Bertolaso, c’è un centro “specialistico” che potrà essere “replicato a livello nazionale e internazionale”. In dieci giorni è stato fatto, come ha raccontato il presidente della Fondazione Fiera Enrico Pazzali, “ciò che in maniera ordinaria si fa in qualche anno”.

Ci hanno lavorato 500 persone su 3 turni, per 24 ore al giorno, e quasi 100 imprese, facendo fruttare anche quei 21 milioni di euro arrivati da 1200 donatori, “la signora che ha dato 100 euro – ha aggiunto Pazzali – e chi ne ha dato 10 milioni”.

All’esterno ha “una centrale da 15 metri per l’ossigeno, non ce ne sono altre così”, hanno raccontato orgogliosi progettisti e tecnici che hanno accompagnato i cronisti in una visita ai primi otto moduli per i degenti (53 letti in tutto, si partirà occupandone fino a 24), collocati in circa 10mila metri quadri, tra aree segnate col rosso e col verde, per delimitare le zone in cui il virus è presente.

E poi ancora una sala per la formazione del personale sanitario, un laboratorio analisi, tac, aree filtro dove togliere le tute protettive. Al livello inferiore altri 14mila metri quadri dove si stanno realizzando altri moduli, fino a oltre 200 letti. Potranno lavorarci 200 medici, 500 infermieri e altre 200 figure professionali.

E’ “un gioiello di tecnologia e efficienza”, ha spiegato il governatore, nato per un’emergenza ma che sembra destinato a restare. “Ho parlato con il ministro della Salute – ha aggiunto – e mi ha detto che la sua intenzione è di poterlo lasciare e utilizzare e di creare tre hub sulla rianimazione. Uno sarebbe questo, uno al centro Italia e uno al Sud in modo da, se si dovessero ripetere situazioni analoghe, avere un punto di riferimento per tutte le Regioni”.

Per ora, ha chiarito Gallera, “servirà per nuovi bisogni, poi eventualmente quando si ridurranno, per riportare coloro che sono andati all’estero e nelle altre regioni”.

(di Igor Greganti/ANSA)

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