Italia già in frenata prima dello shock da Coronavirus

Operai al lavoro all'interno di uno stabilimento tessile del napoletano, in un'immagine d'archivio.
Operai al lavoro all'interno di uno stabilimento tessile del napoletano, in un'immagine d'archivio. (ANSA/ CIRO FUSCO)

ROMA.  – L’economia italiana “perdeva vigore” già prima che deflagrasse l’emergenza Coronavirus. La Brexit, la guerre commerciali e il rallentamento della locomotiva tedesca avevano fiaccato le prospettive di crescita, generando “incertezza” a livello internazionale.

La diagnosi arriba dall’Istat. Ma i fattori di rischio presenti sul finire del 2019 nulla hanno a che vedere con lo shock innescato dall’epidemia, di cui, sentenzia l’Istituto di statistica, “è ancora impossibile prevedere sviluppi ed effetti”.

Guardando a quel che è stato, al 2019, secondo quanto ricostruito dall’Istat nel rapporto sulla competitività, la partita che conta l’hanno giocata Usa e Cina. O meglio, le tensioni tariffarie tra i due giganti. Nell’area euro qualcosa si è mosso, anche se alla fine i ‘più’ vengono neutralizzati dai “meno”. Ecco che l’Italia ha un po’ accorciato le distanze con la Germania, prima manifattura del Vecchio Continente, ma allo stesso tempo ha perso terreno nei confronti di Francia e Spagna.

C’è poi da dire che il recupero sui tedeschi è stato merito, più che di un nostro balzo, di un loro arretramento. Alla fine, scrive l’Istat, nella graduatoria Ue l’Italia rimane dove era: il differenziale tra l’Italia e l’area euro resta pressoché “stabile”, vicino “a un punto percentuale”, calcola l’Istat.

Tra le zavorre, almeno nella prima parte del 2019, compare anche “l’andamento del costo del lavoro”. Trend, si legge nel Rapporto, che in Italia è risultato “più vivace rispetto ai tre partner europei (in particolare per la componente degli oneri sociali)”. Probabilmente ha inciso il venire meno di alcuni sgravi. Che la questione rappresentasse una criticità era comunque noto. Da qui, infatti, il taglio del cuneo fiscale.

stavolta a fare da ancora di salvezza in acque agitate è l’export. Nonostante il rallentamento generale delle scambi con l’estero, l’Italia ha disgelato una curva “più brillante” (+2,3%) rispetto alla Germania (+0,7%) e alla Spagna (+1,5%), e i beni italiani hanno aumentato le proprie quote di mercato in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera e Stati Uniti.

Stando allo studio dell’Istat la strategia di Roma ha pagato. Lo scorso anno le nostre imprese avrebbero reagito al rallentamento globale “concentrandosi sui mercati dove sono più presenti, difendendo o allargando le proprie quote”. Tutto ciò potendo puntare su settori competitivi come gli alimentari, l’abbigliamento e l’elettronica. Quelle tedesche invece si sarebbero orientate alla ricerca di nuovi prodotti e sbocchi.

Quanto l’economia italiana poggi sull’esportazione, lo dimostra anche quello che l’Istat definisce “una simulazione puramente tecnica” ma che in tempi di Coronavirus fa riflettere: un azzeramento delle vendite oltre confine significherebbe perdere il 27% della produzione.

(di Marianna Berti/ANSA)

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