Il calcio cerca il dialogo ma è rebus stipendi. La Juventus riduce

Coronavirus e calcio: il presidente della Juventus Andrea Agnelli a bordo campo durante il derby con il Torino.
Coronavirus e calcio: il presidente della Juventus Andrea Agnelli a bordo campo durante il derby con il Torino. ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

MILANO. – In molte situazioni non si è rivelata la specialità dei protagonisti del calcio italiano, ma ora dialogare è l’unica via per trovare soluzioni alla crisi causata dal coronavirus. A partire dal tema degli stipendi dei calciatori. La Lega Serie A ha prospettato all’Aic di presentare lunedì un piano collettivo per la sospensione dei pagamenti, misura transitoria in attesa di capire se e quando si tornerà a giocare.

Il ‘sindacato’ dei calciatori, che non è contrario a un taglio a scaglioni, è perplesso dal congelamento: non ne vede la necessità visto che le prime verifiche sui pagamenti sono previste a maggio. Non è escluso che alla fine si proceda squadra per squadra alla definizione di accordi con atleti e tecnici, magari simili ma non necessariamente uguali per tutti.

Ha cominciato a farlo la Juventus, che ha raggiunto un’intesa con i calciatori e l’allenatore della prima squadra per ridurre i loro compensi nella restante parte della corrente stagione sportiva, per un importo pari alle mensilità di marzo, aprile, maggio e giugno 2020. Un risparmio previsto, se non si tornerà a giocare, di 90 milioni.

Fra i club di Serie A ci sono situazioni diverse, ad esempio alcuni hanno giocato a marzo e altri no, ma soprattutto alcuni hanno reali problemi di cash flow, di flussi di cassa. “Noi abbiamo il dovere di dialogare con tutti – è l’input dell’ad del Bologna, Claudio Fenucci, intervistato da Sabato Sport, su Rai Radio 1 -: con i calciatori che si renderanno conto delle implicazioni economiche di una sospensione o di un fermo definitivo dei campionati; con i broadcaster che sono i nostri principali ‘clienti’, e come noi possono supportare il calcio in una fase complicata e difficile, visto che hanno probabilmente strutture e risorse finanziarie e azionisti forti per poterlo fare. Poi bisogna dialogare con le istituzioni sportive, Figc, Lega e Uefa, per le implicazioni su questa stagione e anche le possibili ripercussioni sulla prossima stagione. Non bisogna lasciare tutte le parti indietro ma coinvolgere tutti in un discorso collettivo”.

Sui vari tavoli si discute dei possibili calendari per ripartire, di una finestra di mercato allungata a quattro mesi, ma anche della gestione dei tifosi negli stadi dopo un’epidemia che sta stravolgendo molte abitudini. E, come dice Fenucci, c’è poi un interlocutore finale, il governo, “per alcuni provvedimenti, non di natura economica ma regolamentare”.

In questa situazione straordinaria, soprattutto in caso di decisioni drastiche ci sia attende una sorta di ‘paracadute normativo’, per evitare valanghe di ricorsi. Sul tavolo delle trattative il calcio di Serie A prova a far pesare anche il suo apporto al Pil e all’erario, non solo per ottenere sgravi, ma anche per riforme come quella della Legge Melandri sui dritti tv o agevolazioni per realizzare gli stadi.

L’allarme arriva anche dalla base della piramide del calcio. “Si rischia la chiusura di tremila società, il 30% di quelle iscritte ai nostri campionati” ha avvertito il presidente della Lnd, Cosimo Sibilia, sottolineando che il movimento dei dilettati è “protagonista anche in campo culturale e sociale”.

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