Appello del governo: “Cerchiamo soluzioni, non scioperate”

Il premier Giuseppe Conte.
Il premier Giuseppe Conte. (ANSA)

ROMA.  – Un appello del governo perché l’Italia “non può permettersi” scioperi in questa situazione di emergenza: il premier Giuseppe Conte si rivolge direttamente ai sindacati augurandosi che facciano un passo indietro, per evitare di fermare ulteriormente il Paese.

Mobilitazioni e stop che sono già in corso, altri come lo sciopero di domani dei metalmeccanici lombardi, o proteste pronte come quella dei benzinai. O come lo sciopero generale che Cgil, Cisl e Uil hanno minacciato di mettere in campo in assenza di ulteriori restrizioni sulle attività produttive lasciando aperte solo quelle ritenute davvero essenziali, nell’obiettivo comune, rimarcano, di contenere il rischio contagio da coronavirus e tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

In quest’ottica, intanto, Abi (l’Associazione bancaria italiana) e i sindacati di categoria Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca, Unisin (che pure avevano minacciato uno sciopero) raggiungono un accordo per cui si va in banca solo per appuntamento, vengono acquistate mascherine per i dipendenti e adottate altre misure per far rispettare la distanza di almeno un metro.

Allo stesso tempo, il governo rimarca l’impegno già dimostrato sul Protocollo di sicurezza per i lavoratori, firmato lo scorso 14 marzo, e sottolinea che si sta ancora lavorando per fare “aggiustamenti”. “Mi auguro che non ci sia uno sciopero, il Paese non se lo può permettere”, dice Conte al termine del Consiglio dei ministri che ha approvato il decreto legge con sanzioni più pesanti per chi viola le norme anticontagio.

Sullo sciopero in mattinata era arrivata anche la posizione del viceministro all’Economia, Antonio Misiani: “Il governo debe fare tutto il possibile per evitare” lo stop, “dialogando” con le parti sociali “per trovare il miglior punto di incontro possibile in una situazione di emergenza nazionale”.

E da Confindustria, il presidente Vincenzo Boccia rimarca di augurarsi che “prevalga il buon senso”: bisogna cercare soluzioni “senza polemiche” e con tutte le misure necessarie ma ricordando anche che la sospensione del 70% delle attività produttive brucia “100 miliardi al mese”.

Al centro della discussione c’è l’elenco delle attività che restano aperte fino al 3 aprile, inserite nell’allegato del Dpcm 22 marzo, e che conta 80 voci. Dopo il braccio di ferro con gli industriali e il pressing sul governo, si è aperto un nuovo confronto dei sindacati con l’esecutivo ed in particolare con i ministri dell’Economia e dello Sviluppo economico, Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli, collegati in videoconferenza con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, poi ripreso in serata: le confederazioni insistono per limitare le attività industriali e commerciali a quelle davvero essenziali e indispensabili.

Parlano di “clima costruttivo” e propongono di ridurre la lista circoscrivendo molte produzioni dei diversi settori industriali. In ballo anche la continuazione di altre attività, come quella dei call center, e la regolazione di alcuni servizi pubblici.

Richieste di chiusure in controcorrente rispetto al proprio ruolo ma oggi valide, dicono in più momenti i sindacati. “Faccio la sindacalista da 40 anni e non ho mai chiesto di chiudere una fabbrica. Anzi, mi sono sempre battuta per far restare le fabbriche aperte. Ma qua c’è di mezzo la vita delle persone”, spiega Furlan, richiamando all’unità e alla necessità di mettere da parte liti e polemiche.

C’è poi un’altra questione sollevata da Landini: “Alcune imprese – attacca – stanno cambiando il loro codice Ateco per poter continuare a produrre. Non è possibile giustificarle”. La richiesta è contingente. “Si sta discutendo di cosa tenere aperto fino al 3 aprile. Non di cosa chiudere da qui all’eternità”, aggiunge. “Noi vogliamo il codice del buon senso. Prima viene la salute, poi i problemi economici”, rimarca Barbagallo.

(di Barbara Marchegiani/ANSA)