Coronavirus, paziente 1: “Tornare a respirare è la cosa più bella”

Paziente 1 dimesso dal Policlinico San Matteo, Pavia.
Paziente 1 dimesso dal Policlinico San Matteo, Pavia. (Frame video della Regione Lombardia)

MILANO. – E’ ritornato “a fare la cosa più semplice e bella che è respirare”. Mattia, diventato per tutta Italia il ‘Paziente 1’ per essere stato il primo caso accertato di Coronavirus italiano, e dimesso dopo essere stato ricoverato più di un mese, inizialmente all’ospedale di Codogno, e poi al San Matteo di Pavia.

Prima di ritirarsi a vita privata per cercare “di dimenticare questa brutta esperienza e tornare alla normalità”, il 38enne della Bassa Lodigiana che a breve diventerà papà di una bimba, ha consegnato le sue parole incise su un file-audio al Governatore della Lombardia Attilio Fontana. Parole registrate con l’aiuto della direzione del polo scientifico pavese e poi rilanciate nella diretta quotidiana su Facebook, per fare il punto della situazione.

Che oggi fosse il giorno del suo ritorno a casa era risaputo ma con il suo messaggio, Mattia, dipendente di Unilever e atleta per passione, ha voluto soffermarsi su qualche frammento di quel che gli è accaduto per poi raccomandare a chiunque di stare a casa e ringraziare medici e infermieri che lo hanno ‘salvato’ perché assicura, “da questa malattia si può guarire”.

“E’ difficile – esordisce – dopo questa esperienza fare un racconto di quello che mi è successo. Ricordo il ricovero in ospedale a Codogno” che risale alla sera del 19 febbraio scorso e da dove, circa 48 ore dopo, è stato trasportato al San Matteo di Pavia in condizioni disperate: in coma indotto e attaccato a un respiratore.

“Mi hanno raccontato che per 18 giorni sono stato in terapia intensiva per poi essere trasferito nel reparto di malattie infettive dove ho ricominciato ad avere un contatto con il mondo reale e fare la cosa più semplice e bella che è respirare”.

Dopo di che, la raccomandazione che tutti a partire dagli esponenti della politica, delle istituzioni, e del mondo della sanità, ripetono a più non posso: “Dalla mia esperienza le persone devono capire che è fondamentale stare in casa. La prevenzione – aggiunge – è indispensabile per non diffondere l’infezione. Questo può significare anche allontanarsi dai propri cari e dagli amici. Perché non sappiamo chi può essere contagioso”.

Dopo di che una ammissione. “Io sono stato fortunato perché ho potuto essere curato. Ora potrebbero non esserci medici, personale e mezzi per salvarti la vita”, ha detto riferendosi alla situazione della Lombardia dove la gran parte delle strutture sono al collasso, con i letti che mancano e il personale allo stremo delle proprie forze per sopportare il carico di così tanti malati.

Infine, prima di chiedere ai media il rispetto della sua privacy, i ringraziamenti ai medici infettivologi, primario compreso, “ai rianimatori e a tutto il personale degli ospedali di Pavia e Codogno che, con la loro professionalità, mi hanno permesso di tornare a vivere”.

Ora come ha spiegato il professor Raffaele Bruno, direttore dell’Unità Operativa Malattie Infettive, Mattia-Paziente 1 “sta bene. lo conferma l’esito negativo dei tamponi a cui è stato sottoposto in questi giorni. A casa potrà condurre una vita normale, come quella di tutti noi, perché è da considerarsi guarito a tutti gli effetti. Guarire lui – ha concluso il primario – dal punto di vista umano, in un mese mi ha insegnato che la normalità è un privilegio”.

(di Francesca Brunati/ANSA)

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