Il calcio affronta crisi, giocatori non sono immuni

Il giocatore della Juventus Daniele Rugani,
Il giocatore della Juventus Daniele Rugani, (ANSA/GIANNI NUCCI)

MILANO. – Di fronte a oltre quattromila vittime e ospedali al collasso, per il calcio è difficile fare apertamente la conta dei danni. E anche ogni richiesta di aiuto al governo è stata posticipata.

Ma, come ogni industria, anche quella del pallone sta valutando le ricadute, che possono arrivare a circa 160 milioni se il campionato ripartirà a maggio e superare i 700 milioni (sponsor, diritti tv, biglietti) se non dovesse più riprendere.

Il Barcellona stima perdite per 86 milioni solo alla voce merchandising, e la riduzione dei costi ora è la priorità, da trattare con stelle del calibro di Messi. Nessuno, è la tesi dei presidenti di Serie A, è immune alle perdite. Calciatori e allenatori si sono detti disponibili ad aprire un tavolo per le valutazioni del caso ma a tempo debito, quando sarà più chiaro l’orizzonte.

Al di là delle previsioni, decisamente ottimistiche, su una ripresa il 3 maggio. “La Lega Serie A i suoi club si atterranno alle decisioni delle autorità preposte”, filtra alla fine dell’ennesima riunione informale in conference call.

Ogni ragionamento su sospensione o decurtazione degli ingaggi è inutile senza avere un’idea di cosa succederà fra maggio e giugno. Alcuni club hanno già pagato gli stipendi di marzo, e la convinzione diffusa è che, se necessario, sarà possibile sforare a luglio per portare a termine la stagione.

“Il calcio tornerà al momento giusto ma non prima che questa emergenza mondiale sia risolta”, ha detto all’ANSA l’ad del Milan, Ivan Gazidis, chiarendo che la priorità del club “è e sarà sempre la salute e la sicurezza dei nostri giocatori e del personale, della nostra comunità locale e globale, e soprattutto dei più vulnerabili tra noi”.

I rossoneri, come altri, non ricominceranno ad allenarsi prima del 3 aprile. La Lazio vuole accelerare, in alcune squadre si fanno già allenamenti individuali e l’Assocalciatori spera che prevalga il buon senso.

Per molti dirigenti c’è poi un altro problema, l’effetto Higuain: molti calciatori stranieri nonostante le restrizioni chiedono insistentemente di tornare in patria, come ha fatto l’argentino lasciando l’isolamento scattato alla Juventus per il caso di positività di Rugani. Fra questi anche Manolas e Ospina, a cui il Napoli non ha dato il permesso.

“Purtroppo in Italia la situazione è difficile: la cosa più importante è restare a casa”, ha detto invece da Torino un altro juventino, Dybala.

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