Boom di casi negli Usa, ira di Trump contro la Cina

Il presidente degli Stati Unmiti, Donald Trump (S) stringe le mani al suo omologo di Cina Xi Jinping (D) durante un incontro nel marco del G20 Summit in Osaka, Giappone, il 29 luglio, 2019.
Il presidente degli Stati Unmiti, Donald Trump (S) stringe le mani al suo omologo di Cina Xi Jinping (D) durante un incontro nel marco del G20 Summit in Osaka, Giappone, il 29 luglio, 2019. (AFP/ Brendan Smialowski)

WASHINGTON.  – “Niente panico, il panico non serve, può fare più danni del virus”. É Andrew Cuomo a parlare, il governatore dello Stato di New York, epicentro di un’epidemia che oramai attanaglia tutta l’America. Un’America che però adesso ha davvero paura.

Il boom di casi nelle ultime 24 ore, man mano che si effettuano i test, è impressionante: il numero dei pazienti risultati positivi in tutti gli Stati Uniti è ora di oltre 10.000, tremila in più del giorno precedente. E sale anche il bilancio delle vittime, almeno 152.

Donald Trump ostenta sicurezza, dice che gli Usa “torneranno più forti di prima”, ma è chiaro che la preoccupazione prende sempre più il sopravvento, così come la necessità di scaricare la responsabilità di una crisi che rischia di trasformarsi in una catastrofe. Ecco allora che il tycoon, che fino a pochi giorni fa elogiava il lavoro compiuto da Xi Jinping per contrastare la diffusione del coronavirus, ora non nasconde la sua ira verso Pechino.

E non solo continua a parlare di “virus cinese”, nonostante le proteste del gigante asiatico, ma arriba addirittura a ventilare l’ipotesi di “ripercussioni” contro il Dragone per il ritardo con cui ha condiviso le informazioni: “Ci stiamo lavorando”, ha risposto ai giornalisti.

“Sarebbe stato molto meglio se avessimo conosciuto le cose mesi prima – ha lamentato – perché avremmo potuto contenere il virus nell’area della Cina da cui è partito. E certamente ora il mondo sta pagando e pagherà un prezzo molto alto per quello che hanno fatto”.

Affermazioni gravi, dunque, che difficilmente non avranno risposta, col rischio – notano alcuni commentatori – di innescare in un momento come questo anche una grave crisi diplomatica, con Pechino che già nei giorni scorsi aveva  accusato Trump di “infangare un intero Paese”.

Intanto gli americani si preparano al peggio. E mentre a New York, dove si registrano quasi 4.300 casi, il governatore Cuomo e il sindaco Bill de Blasio litigano sull’ipotesi o meno di mettere la Grande Mela in lockdown, il dipartimento di Stato si appresta a innalzare l’allerta viaggi al “livello 4”, il “Do Not Travel”, non viaggiare all’estero.

Un blocco totale che riguarda gli spostamenti da e verso tutti i Paesi del mondo, dunque sia gli americani in patria sia quelli all’estero. A questi ultimi si consiglia di rimpatriare immediatamente o di restare dove si trovano e di mettersi al sicuro.

Trump e le autorità sanitarie Usa hanno quindi confermato che ci vorrà almeno un anno per vedere in campo il vaccino anti Covid-19. Intanto però la Food and Drug Administration (Fda) – ha annunciato il presidente americano – ha dato il via libera all’uso di un farmaco, la clorochina, usato per la prevenzione della malaria. “Saremo in grado di rendere disponibile questo farmaco quasi immediatamente”, ha detto Trump, sottolineando come normalmente per una simile approvazione ci sarebbero voluti mesi.

“Ora invece sarà disponibile tramite una ricetta. Bisogna ridurre le procedure e ogni barriera burocratica, anche per accelerare la messa a punto del vaccino”, la promessa del tycoon.

di Ugo Caltagirone/ANSA)

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