L’ultimo calo della cassa integrazione prima del virus,-26% a febbraio

Lavoratori della costruzione riparano una strada
Lavoratori della costruzione riparano una strada. (ANSA)

ROMA. – Cassa integrazione giù a febbraio, con le richieste all’Inps che sfiorano quota 21,3 milioni di ore segnando un calo a doppia cifra rispetto ad un anno fa.

L’ultimo prima di fotografare l’impatto dell’emergenza coronavirus, che di certo farà schizzare in alto l’asticella degli ammortizzatori sociali, estesi e potenziati dall’ultimo decreto del governo “Cura Italia”, proprio per far fronte anche alle ricadute economiche sulle diverse attività commerciali e produttive e sui lavoratori.

Molte si preparano a chiedere la cig con la causale “Covid-19”, altre hanno già avviato la procedura: è il caso, ultimi in ordine di tempo, di Whirlpool e di Sirti.

Nel mese di febbraio, secondo i dati dell’Osservatorio Inps sulla cig, le aziende hanno chiesto quasi 21,3 milioni di ore di cassa integrazione, di cui oltre 16,4 milioni per gli operai e quasi 4,8 milioni per gli impiegati, un numero sostanzialmente stabile rispetto a gennaio (-0,23%) ma in diminuzione del 26,5% rispetto a febbraio del 2019 (quando si era arrivati a 28,9 milioni di ore).

Se le ore di cig ordinaria sono state quasi 10,7 milioni, con un +25,3% nel confronto annuo e +13,2% nel confronto mensile, all’opposto le ore di cig straordinaria sono state 10,6 milioni con un -47,9% annuo e -10,9% sul mese. In caduta libera la cig in deroga, ferma a poco più di 300 ore (-99,7% sull’anno e -66% sul mese). Atteso, invece, un boom per i prossimi mesi.

Le ricadute economiche a cascata segneranno il mercato del lavoro, che intanto archivia un 2019 con un aumento dell’occupazione dipendente, confermata anche dai dati relativi alle comunicazioni obbligatorie nel quarto trimestre: +95 mila i contratti stabili e +4 mila quelli a termine, rispetto al trimestre precedente, come emerge dalla Nota congiunta di ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal.

Contratti precari che spesso sono davvero brevi e non arrivano a superare un mese: quasi la metà (il 45,2%) delle posizioni lavorative a tempo determinato attivate nel periodo ottobre-dicembre, infatti, ha una durata prevista fino a 30 giorni. E per più di un sesto (il 17,7%) ci si ferma ad un giorno. In questo spaccato risulta poi come in circa un caso su quattro (25,4%) il contratto vada dai due ai sei mesi.

Soltanto il 2,6% delle attivazioni, si evidenzia, supera i 12 mesi. Nel confronto annuo continuano comunque a calare i contratti a termine: il saldo delle posizioni lavorative risulta pari a +384 mila, di cui +523 mila a tempo indeterminato (compreso l’apprendistato) e -139 mila a tempo determinato (incluso il lavoro stagionale), per il quarto trimestre consecutivo.

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