Addio a Peirò, il suo gol di rapina per l’Inter di Herrera

Joaquin Peirò con Helenio Herrera.
Joaquin Peirò con Helenio Herrera.

MILANO. – Può un gol di rapina entrare nella leggenda? Sì, se nasconde anche una grande dose di furbizia. E il mito di una grande squadra come l’Inter di Helenio Herrera. Joaquin Peirò, scomparso a Madrid all’età di 84 anni, è rimasto nell’immaginario collettivo interista soprattutto per una rete, quella segnata il 12 maggio 1965 nella semifinale di ritorno di Coppa dei Campioni contro il Liverpool.

A San Siro l’Inter allenata da HH si trovò a dover ribaltare il 3-1 dell’andata: Corso portò avanti i nerazzurri, ma non sarebbe bastato. Dopo 9′ Tommy Lawrence, portiere dei Reds, anticipò proprio Peirò in uscita con una spallata e si ritrovò col pallone in mano, pronto al rinvio.

Ma non si accorse di Peirò rimasto alle sue spalle, con in testa l’idea della ”rapina”: al terzo palleggio, lo spagnolo rubò il pallone al portiere, segnando il 2-0 a porta vuota. Un gol che ha consegnato Peirò alla leggenda, una rete decisiva per la rimonta (completata da Facchetti) contro gli inglesi che aprì all’Inter le porte della finale, dove Mazzola e compagni sconfissero poi il Benfica grazie a Jair.

Un gol che anche la società nerazzurra, nel suo messaggio di cordoglio, ha voluto ricordare: ”Il suo nome rimane impresso nella storia nerazzurra, come il suo indimenticabile gol segnato contro il Liverpool. FC Internazionale Milano esprime il proprio cordoglio per la sua scomparsa, alla famiglia vanno il pensiero e l’affetto di tutto il Club e dei tifosi nerazzurri”.

Nato a Madrid nel 1936, Peirò esplose con la maglia dell’Atletico, sbarcando in Italia al Torino (1962-1964) e passando poi all’Inter. In nerazzurro divenne bomber di coppa, dato che in campionato potevano giocare solo due stranieri ed Herrera non rinunciava quasi mai a Jair e Suarez.

Il centravanti spagnolo, tuttavia, non è stato solo il protagonista di quel gol storico al Liverpool né soltanto uno dei numeri 9 (con Milani e Domenghini) della storica filastrocca Sarti-Burgnich-Facchetti, ma fu protagonista in tutta la seconda cavalcata europea e mondiale della grande Inter del Mago: nel 1964/65 segnò una doppietta contro il Rangers Glasgow, poi il primo gol nel 3-0 in Coppa Intercontinentale contro l’Independiente, infine altri tre gol tra Dinamo Bucarest e Ferencvaros nella stagione seguente.

Il suo palmares in nerazzurro parla di due Scudetti, due Coppe Intercontinentali e una Coppa dei Campioni con 16 gol in 47 presenze. Nel 1966 passò poi alla Roma (che lo ha ricordato con un messaggio sui social), diventandone anche il capitano dopo l’arrivo di Helenio Herrera nel 1968 e vincendo la Coppa Italia nel 1969 con quattro gol in sei partite, prima del ritiro nel 1970.

In Spagna lo definiscono ”uno dei più grandi di sempre”, anche se con la nazionale fu poco fortunato (non fu convocato per gli Europei 1964, vinti proprio dalla Spagna). Da allenatore, guidò il ”suo” Atletico Madrid, poi Murcia, Badajoz e soprattutto il Malaga, con cui ottenne la promozione in Liga nel 1998/99 e che portò anche in Europa per la prima volta, conquistando l’Intertoto nel 2002/03 e raggiungendo i quarti di finale di Coppa Uefa.