Anche in Venezuela l’incubo del Coronavirus

CARACAS – L’incubo del coronavirus è arrivato anche in Venezuela. E non poteva essere altrimenti. Si sapeva che sarebbe stato solo questione di tempo. Era infantile illudersi che non sarebbe accaduto. Il governo del presidente Maduro al decretare la quarantena di alcune città e aree geografiche ha parcellizzato il Paese nel tentativo di arginare la diffusione del virus. È quanto è stato fatto in Italia e in altre nazioni con la creazione delle “zone rosse”. I risultati sono stati incerti. In un paese con una geografia naturale e sociale tanto diversa le aree isolate potrebbero facilmente trasformarsi in un enorme colabrodo.

Con le proibizioni imposte dal governo, le città del Venezuela sono divise tra quartieri in cui le forze di polizia e la guardia nazionale possono esercitare un controllo ferreo e costante ed altre in cui ciò non è possibile. Quindi tra quartieri di classe media in cui le persone hanno una limitatissima libertà di circolazione, circoscritta alle necessità di acquistare generi alimentari e medicine; e “barrios populares”, dove le forze dell’ordine non hanno alcun controllo e quindi la libertà di circolazione e di riunione dipenderanno dalla coscienza di ognuno.

Ad aggravare ancor più la situazione è l’affollamento dei nuclei familiari. Da sempre, nei quartieri poveri delle città, è assai comune che in una casa o appartamento vivano assieme nonni, padri e figli. Ovvero tre generazioni. È. stata sempre una caratteristica non solo dei “barrios” venezuelani ma anche di quelli della stragrande maggioranza delle nazioni latinoamericane. In questo contesto, è più facile che il virus si diffonda con una velocità superiore a quella vista in Europa. Ed è anche probabile che si allarghi anche a fasce di età più giovani.

Il ministero della Salute ha reso nota nei giorni scorsi una lista di almeno 39 ospedali, distribuiti in 21 Stati del Paese e nel Distretto Federale nei quali sono disponibili i kit per assistere i probabili casi di coronavirus. Ha anche assicurato che i centri sanitari sono adeguatamente riforniti per far fronte alla crisi che potrebbe provocare la propagazione del virus. Il ministro della Salute, Carlos Alvarado, ha detto che sono state allestite presso gli ospedali aree di isolamento e zone “ad hoc” di terapia intensiva. Motivi per diffidare, purtroppo, abbondano. I nostri centri di salute pubblica, da anni, sono al centro di aspre polemiche per l’abbandono al quale sono stati condannati e per la mancanza di medici, medicine e apparecchiature. Sono sempre di più i sanitari che abbandonano il paese in cerca di una migliore qualità di vita.

Il ministro della Sanità, poi, non ha fatto alcun riferimento alla salute generale del venezuelano. Una ricerca del “Programa Mundial de Alimentos”, pubblicata recentemente e reso nota dal deputato Miguel Pizarro, sottolinea che uno ogni tre venezuelani corre il rischio di denutrizione, poiché non ha le risorse economiche sufficienti per assicurarsi una alimentazione sana e completa. Una circostanza che rende questa fascia della popolazione particolarmente a rischio di contagio.

Le autorità sanitarie competenti a livello mondiale raccomandano, tra i provvedimenti elementari da prendere per evitare il probabile contagio del virus, l’igiene personale. Essenziale lavarsi le mani con molta frequenza e disinfettarle con prodotti “ad hoc”. Ma, sono proprio queste che mancano: acqua e gel.

In Venezuela, si sa, l’acqua, e in particolare quella potabile, è un lusso a cui oggi si ha accesso un giorno sì e tanti altri no. Popolazioni intere soffrono per settimane i disagi provocati dall’assenza assoluta di acqua. La lunga e progressiva mancanza di manutenzione delle istallazioni idroelettriche e i lunghi periodi di siccità, hanno provocato una “crisi” che si protrae nel tempo e alla quale il governo non è riuscito a trovare una soluzione. Le autobotti, sempre più scarse, vendono ormai l’acqua come se fosse oro liquido. Questa realtà, difficile da spiegare a chi non vive nel Paese, non permette l’igiene personale che richiede la crisi del coronavirus. Quindi apre una breccia importante al contagio.

Gli effetti che avrà il coronavirus sull’economia saranno disastrosi. Per le poche piccole industrie che erano riuscite a sopravvivere alla profonda crisi che da vent’anni colpisce il Paese senza che il governo faccia nulla per porvi riparo, sarà probabilmente il colpo finale. E chissà se non farà esplodere la “bolla” dei “bodegones” cancellando la falsa illusione di benessere che riflette l’immensa quantità di prodotti importati alla portata di una infima percentuale della popolazione.

L’incubo del Coronavirus è arrivato anche in Venezuela e purtroppo, a prescindere da quanto di buono o cattivo farà il governo, vi resterà per settimane e mesi. Nel frattempo, l’unica barriera possibile per contenerlo è evitare di uscire in strada, riconvertirsi nel limite del possibile allo smart-working, e porre particolare attenzione all’igiene personale. 

Mauro Bafile

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