Effetto Coronavirus: violenze in 22 carceri, sette detenuti morti e 34 in fuga

Le forse dell'ordine circondano le istallalzioni del carcere di Sant'Anna a Modena, Emilia-Romagna.
Le forse dell'ordine circondano le istallalzioni del carcere di Sant'Anna a Modena, Emilia-Romagna. (Photo by Piero CRUCIATTI / AFP)

ROMA. – Detenuti sui tetti, suppellettili in fiamme, infermerie prese d’assalto e danni enormi: da Milano a Palermo, passando per Roma e Foggia, la rivolta dei detenuti nelle carceri si è diffusa in tutta Italia allo slogan: “amnistia e indulto contro il Coronavirus”.

Dopo ore di tensioni in 22 istituti, il bilancio è di sette reclusi morti per overdose di psicofarmaci o soffocamento – tra ieri e oggi – e decine di detenuti evasi a Foggia, di cui 34 tuttora ricercati. Non solo proteste e violenze. Nelle prossime ore la Protezione Civile distribuirà 100mila mascherine negli istituti penitenziari, dove sono state montate 80 tende di pre-triage per lo screening del Covid-19.

“E’ nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive nelle carceri”, ma “deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato”, ha spiegato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che mercoledì prossimo terrà in aula al Senato una informativa urgente sulla situazione.

Le proteste, cominciate già nei giorni scorsi in altre carceri inizialmente per il divieto dei colloqui con i familiari contro il rischio contagi, si sono diffuse a macchia d’olio. Oltre ai primi tre reclusi morti a Modena nelle ultime ore, si sono aggiunti altri quattro decessi: tutti di persone che avevano partecipato ai disordini nello stesso istituto penitenziario il giorno precedente.

A provocare la morte, secondo le prime indagini, l’assunzione di psicofarmaci prelevati dal cassetto delle medicine dopo l’assalto all’infermeria del carcere. I quattro reclusi sono morti nelle carceri di Verona, Parma, Ascoli Piceno e Alessandria, dove erano stati trasferiti proprio in seguito alle proteste a Modena, dove ci sono ancora sei detenuti ricoverati in prognosi riservata.

Tra gli episodi più gravi ci sono le evasioni durante la rivolta a Foggia, dove un’ottantina di detenuti sono riusciti ad uscire dall’istituto dopo aver divelto il cancello della ‘block house’, la zona che li separava dalla strada. Oltre 40 sono stati catturati e altri 34, fuggiti a bordo di furgoni e auto rubate in direzione Lucera, sono tuttora ricercati tra Puglia e Molise.

Un altro analogo tentativo, per fortuna non andato a buon fine, è stato registrato all’Ucciardone di Palermo. Ma le situazioni di forte tensione, ora dopo ora, si sono moltiplicate: al carcere di San Vittore a Milano i detenuti sono saliti sul tetto della casa circondariale chiedendo “libertà” e bruciando carta e stracci.

Tensioni anche a Roma, nei carceri di Regina Coeli e Rebibbia, dove alcuni detenuti hanno raggiunto l’intercinta e danneggiato un intero padiglione mentre all’esterno si svolgeva un sit-in dei familiari che chiedevano la riattivazione dei colloqui. In altre città sono state occupate intere sezioni penitenziarie, a Melfi alcuni agenti della penitenziaria sono stati sequestrati, mentre a Rieti è stato occupato l’intero istituto.

Sulla giornata di caos è intervenuto il ministro della Giustizia per rassicurare gli animi: “Stiamo lavorando – ha detto Bonafede – affinché vi siano tutte le cautele mediche per garantire la più rapida ripresa dei colloqui con i familiari. Nel frattempo, per un periodo limitato, di 15 giorni, abbiamo sospeso i colloqui fisici aumentando il numero e la durata dei contatti telefonici e delle conversazioni a distanza. Tutti gli italiani sono chiamati a fare sacrifici”.

Ma un suo alleato di governo, il vicesegretario Pd ed ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, punzecchia il Guardasigilli: “La situazione che si è determinata evidenzia un fatto: questa emergenza è stata affrontata senza alcuna preparazione da parte del dipartimento competente. La catena di comando è fortemente indebolita”, dice Orlando chiedendo a Bonafede di costituire “da subito una task force”.

Più volte i sindacati della penitenziaria, tra cui il Sapp e l’Osapp, hanno invece invocato l’intervento dell’esercito come supporto al contenimento delle rivolte. E per il sindacato di polizia Siulp è palese che quanto avvenuto “risponde ad una logica predeterminata di qualche regista occulto” e “non bisogna arretrare di un solo centimetro perché se così dovesse verificarsi, ci sarebbe la resa dello Stato all’antistato”.

(di Lorenzo Attianese/ANSA)

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