Panico affonda borse, Piazza Affari brucia 51 miliardi

Un signore con mascherina per proteggersi dal Coronavirus in piazza affari davanti all'ingresso della Borsa a Milano, 24 gennaio 2020.
Un signore con mascherina per proteggersi dal Coronavirus in piazza affari davanti all'ingresso della Borsa a Milano. (ANSA/Mourad Balti Touati)

NEW YORK.  – Una tempesta perfetta ha colpito i mercati di tutto il mondo. Da Tokyo a Sidney, da Shanghai a Milano e da Londra a New York l’ondata di panico non ha risparmiato nessuno, quasi come ai tempi della Brexit, che a sua volta aveva superato il crollo delle Torri Gemelle l’11 settembre 2001, dimostrando che per le borse non c’è mai l’ultimo disastro.

Piazza Affari ha lasciato sul campo oltre l’11%. Il 24 giugno del 2016 appena dopo il referendum sulla Brexit perse più del 12%, mentre l’indice dei 600 principali titoli europei ha ceduto oggi il 7,4% contro il 7% post Brexit.

L’ondata di vendite non ha risparmiato Wall Street: i listini sono affondati di oltre il 7%, con il Dow Jons che ha sperimentato la maggiore perdita di sempre in termini di punti. Ne ha persi più di 2.000 contribuendo a far chiudere agli índice la loro peggiore seduta dal 2008.

In un solo giorno in Piazza Affari sono andati in fumo 51 miliardi di euro, che in Europa si moltiplicano per 12 e diventano 608. Complici del tracollo l’emergenza coronavirus, che condiziona da mesi i mercati mondiali, e la guerra sul prezzo del greggio, scattata venerdì scorso tra i Paesi produttori divisi in fronti contrapposti. Timori che hanno alimentato anche il mercato del debito pubblico, con lo spread tra Btp e Bund tedeschi salito fino a quota 227 punti, come nello scorso agosto, ai tempi della crisi di Governo del Papeete Beach.

Un quadro più nero che mai, che ha indotto la Fed ad aumentare la liquidità temporanea a disposizione dei mercati nel tentativo di prevenire un credit crunch. Una mossa che segue il taglio di mezzo punto del costo del denaro dello scorso 3 marzo, decisa per “assicurare che le riserve restino ampie e per mitigare il rischio di pressioni sul mercato monetario.

Ma non è finita qui, perché Goldman Sachs prevede due nuovi tagli al costo del denaro da parte della Banca Centrale Usa nelle prossime due riunioni. Mezzo punto il 17 e 18 marzo e un altro mezzo punto in quella del 28 e 29 aprile. Una vera e propia inversione di rotta dato che fino a febbraio Goldman prevedeva che la Fed avrebbe lasciato invariati i tassi di interesse per tutto l’anno.

Poi la recente revisione a un taglio di 25 punti base in marzo e aprile, fino ad arrivare a oggi e alla stima di taglio di 50 punti in marzo e aprile. Se le stime si Goldman si avverassero, il costo del denaro scenderebbe in una forchetta fra lo zero e lo 0,25%, livello non visto dal 2016. Un quadro mondiale che dall’Italia la Consob segue con attenzione, escludendo però di attuare misure drastiche come richiesto dalle forze d’opposizione in Parlamento.

Il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani ha chiesto usando il punto esclamativo di “vietare immediatamente in tutte le Borse dell’Unione europea le vendite allo scoperto per scongiurare nuovi danni a risparmiatori, investitori e imprese”.

“La Consob – ha aggiunto – non perda tempo e non lo perdano le altre agenzie di controllo delle borse in Europa”. Un appello sottoscritto anche dal senatore della Lega e presidente della Commissione Finanze Alberto Bagnai. Pronta la replica di Via Martini, che ha escluso di ricorrere alla sospensione di tutte le contrattazioni di Borsa. Secondo la Commissione non ci sono evidenze di “attacchi speculativi, salvo che non si voglia attribuire a questo termine la reazione degli operatori alle incertezze sul futuro generate dagli effetti del coronavirus sull’economia”.

Effetti che “non sono correggibili con decisioni restrittive di Borsa, soprattutto se queste avvenissero in modo indipendente dai paesi membri dell’Unione Europea”. Una posizione condivisa dal Mef che ha ribadito la “la fiducia nell’operato e nelle scelte della Commissione”.

(di Paolo Verdura/ANSA)