Scontri al confine, Erdogan vuole nuovo patto con l’Ue

Bombe lacrimogene al confine con la Turchia, in Kastanies, Evros. Grecia.
Tensione al confine con la Turchia, in Kastanies, Evros. Grecia. (ANSA)

ISTANBUL.  – Una settimana dopo aver “aperto le porte” dell’Europa ai migranti, Recep Tayyip Erdogan presenta il conto. Incassata la tregua a Idlib con Vladimir Putin, il leader di Ankara si rituffa nel braccio di ferro diplomatico con Bruxelles, mentre il confine tra Turchia e Grecia continua a bruciare, con nuovi scontri e accuse di violenze tra le rispettive polizie di frontiera.

Gli attuali accordi migratori “non funzionano più”, ha detto stasera Erdogan in una telefonata ad Angela Merkel, grande tessitrice dell’intesa che nel marzo 2016 bloccò l’ondata di profughi verso l’Ue. Quattro anni dopo, lamentando di essere stato lasciato solo nella guerra a Bashar al Assad in Siria e nella gestione dei 3,6 milioni di rifugiati siriani ospitati nel suo Paese, il Sultano torna a battere cassa.

Ma arrivare a una nuova intesa non sarà facile. Da Zagabria, dove si sono riuniti i ministri degli Esteri, l’Unione “respinge fortemente l’uso della pressione migratoria a fini politici” e definisce “inaccettabile questa situazione alle frontiere esterne”, pur ammettendo “l’accresciuto onere e i rischi migratori che la Turchia sta affrontando”. Per il titolare della Farnesina Luigi

Di Maio, “l’Ue non può accettare ricatti”. La trattativa si annuncia insomma in salita. I rumors su una nuova tranche di 500 milioni di euro di aiuti ad Ankara per il momento restano tali, mentre i toni con Atene continuano a salire. “Non abbiamo più tempo di discutere con la Grecia. I profughi andranno fin dove possono. Per quanto ne so, ci sono almeno 5 casi” di migranti “uccisi”, oltre ad “un approccio molto brutale” della guardia costiera “che affonda i barconi” nel mar Egeo, ha attaccato il presidente turco, parlando di un “Occidente ipocrita”.

Accuse che il governo di Kyriakos Mitsotakis nega seccamente. Ma la situazione alla frontiera rimane tesa. Le guardie di confine elleniche hanno nuovamente sparato gas lacrimogeni e getti di cannoni ad acqua per respingere i migranti, che hanno risposto con una sassaiola. Sull’altro lato del confine, a poche centinaia di metri di distanza, i mille agenti delle forze speciali turche hanno preso posizione, rafforzando le unità di polizia e gendarmeria.

Atene le accusa di aver lanciato a loro volta lacrimogeni in una serie di “attacchi coordinati con droni” per “aiutare i migranti ad attraversare la recinzione sulla linea di confine”. Violenze in cui gran parte dei profughi – quasi metà donne e bambini, stima l’Unicef – rimangano schiacciati nel mezzo. Alcuni di loro hanno anche denunciato di essere stati picchiati e derubati dagli agenti greci mentre tentavano di attraversare il confine naturale del fiume Evros.

Le foto di uomini seminudi dispersi tra i campi hanno fatto il giro delle tv turche. Per Ankara sono 142 mila le persone ammassate nella speranza di entrare in Europa, mentre Atene parla di 35 mila attraversamenti impediti.

Appare invece relativamente calmo il fronte di Idlib, dopo mesi di raid e l’ulteriore escalation con l’operazione militare di Ankara. Il cessate il fuoco entrato in vigore a mezzanotte dopo l’intesa Erdogan-Putin sembra reggere, soprattutto per l’assenza sui cieli della Siria nordoccidentale delle rispettive aviazioni, che avevano pesantemente bombardato l’area. Alla creazione di una no-fly zone ha aperto oggi anche l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell.

Resta però da verificare la reazione sul terreno delle milizie locali cooptate da Ankara, in vista dei pattugliamenti congiunti con Mosca previsti tra dieci giorni per monitorare la tregua. Una condizione necessaria per poter pensare a un ritorno a casa anche solo di una parte del milione di sfollati verso la Turchia.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)

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