Economia già in affanno, Pil indietro del 5% sul 2008

Operai al lavoro all'interno di uno stabilimento tessile del napoletano, in un'immagine d'archivio.
Operai al lavoro all'interno di uno stabilimento tessile del napoletano, in un'immagine d'archivio. ( ANSA/ CIRO FUSCO)

ROMA.  – L’emergenza Coronavirus piomba su un’economia già in affanno. Nessuna sorpresa rilevante nei dati dell’Istat sul Pil di fine 2019. L’ultimo trimestre chiude in passivo dello 0,3%, come non accadeva da quasi sette anni.

Una battuta d’arresto rispetto ai precedenti trimestri che, seppure per uno o due decimali, si erano mantenuti sopra la soglia dello zero. Quel che pesa di più è l’eredita negativa lasciata al 2020. Si parte con un deficit di crescita dello 0,2%. E comunque rispetto al picco pre-crisi del 2008 il livello del Pil viaggia ancora sotto del 5%.

Ecco che i consumatori, oggi, e il Centro studi di Confindustria, ieri, parlano di un Paese che si muoveva sull’orlo della recessione ben prima dell’impatto legato al Covid-19. E ora le previsioni di Standard & Poor’s non lasciano spazi: “una contrazione del Pil è possibile per l’Eurozona nel primo trimestre, e sarà particolarmente pronunciata in Italia, dove il contagio ha preso piede”.

Tanto che l’agenzia di rating taglia la stima di crescita per il 2020, portandola a -0,3% dal precedente +0,4%. Solo per il turismo si registrerebbe un tracollo di 7,4 miliardi di euro tra marzo e maggio, secondo Confturismo.

Di certo dal 2019 non possiamo più aspettarci novità dopo la conferma dell’Istat sul dato congiunturale e la decrescita acquisita. A poco è servita la leggera correzione al rialzo, di 0,1 punti, del dato tendenziale: il quarto trimestre resulta comunque in frenata. Vero è che la contrazione è dovuta soprattutto all’effetto scorte, ovvero allo smaltimento dei magazzini, come si era immaginato quando è stata diffusa la stima preliminare a fine gennaio.

Ma anche i consumi cedono, con la spesa delle famiglie che arretra dello 0,2% nel trimestre. Ci salva il saldo tra import ed export, ma non tanto per l’aumento delle vendite all’estero quanto per una decisa contrazione degli acquisti.

Cattive notizie anche sul fronte lavoro: le ore passate in ufficio o in fabbrica si riducono dello 0,3% e scendono anche i posti di lavoro. A incepparsi è il motore dell’industria, che cede l’1,2% tra ottobre e dicembre. Non conforta, poi, il confronto con gli altri big internazionali, che pur non brillando fanno un po’ meglio.

Stando allo scenario di S&P già il primo trimestre dovrebbe risentire degli effetti legati al diffondersi del Coronavirus. E due segni meno consecutivi vogliono dire recessione tecnica. Confindustria, giusto ieri, spiegava di aspettarsi le ricadute più pesanti nel secondo trimestre. Che le preoccupazioni siano per i mesi a venire lo testimoniala Iata, l’associazione internazionale del trasporto aereo, che per gennaio calcola un rallentamento del traffico: “solo la punta dell’iceberg” ma “già sufficiente per causare la crescita più bassa in quasi un decennio”.

Intanto il governo sta lavorando a una serie di misure economiche per contrastare le ripercussioni dell’epidemia che dovrebbero essere seguite da un intervento di rilancio generale, con un menù ampio che va dagli incentivi all’auto al potenziamento dell’ecobonus.

(di Marianna Berti/ANSA)

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