Coronavirus: i medici di Lodi in trincea, cinque mascherine a testa

Personale medico dell'Ospedale di Codogno si occupa del trasferimento in ambulanza di un contagiato da coronavirus.
Personale medico dell'Ospedale di Codogno si occupa del trasferimento in ambulanza di un contagiato da coronavirus. ANSA / Andrea Fasani

ROMA. – In trincea, a fianco di cittadini e pazienti e contro il nuovo coronavirus, ma con le armi spuntate. Sono i medici lombardi del lodigiano, area che comprende le zone rossa e gialla per la maggiore diffusione del SarsCov2. Lavorano senza sosta ma in condizioni critiche: a disposizione, per la protezione personale, hanno solo 5 mascherine e due camici a testa. Ma le mascherine andrebbero cambiate ogni 8 ore ed il camice una volta al giorno.

A descrivere la sfida quotidiana di questi dottori in prima linea è il presidente dell’Ordine dei medici di Lodi, Massimo Vajani. “La zona rossa è quella dei comuni del basso lodigiano – racconta intervenendo a ‘Coronavirus – il punto’ dell’ANSA – ma anche Lodi, che è zona gialla, la eleverei almeno ad ‘arancione’ per il rischio contagio.

Proprio oggi, altri tre medici a Lodi hanno manifestato febbre e sintomi respiratori ed hanno subito fatto i tamponi, dei cui risultati siamo in attesa. I tempi però possono essere anche di 5-6 giorni e per questo chiediamo una corsia accelerata per i test dei sanitari, la cui presenza al lavoro è cruciale. La situazione, insomma, è in continua evoluzione”.

Il fatto è che proprio i medici “sono il primo vettore di trasmissione del virus. Eppure siamo assolutamente scoperti – è la sua denuncia – di tutti quei mezzi di protezione personale che ho sollecitato pesantemente ma che ci sono stati consegnati in misura molto ridotta: i medici per le aree rossa e gialla del lodigiano hanno ricevuto solo 5 mascherine con alto filtro protettivo e 2 camici a testa, ma noi siamo in ambulatorio quotidianamente e questi dispositivi ci bastano per non più di 5 giorni, salvo imprevisti”.

In questi giorni, proprio la gestione degli ambulatori sta diventando sempre più difficile: “Molti medici di famiglia sono in quarantena e dormono negli ambulatori stessi, ma continuano comunque a fare triage telefonico per agevolare i colleghi che stanno lavorando sul campo.

 

Il problema è che sono pochi: la zona rossa comprende 50mila abitanti e ci sono 45 medici in totale, ma ci sono zone come Castiglione d’Adda dove su 4 medici, 3 sono in quarantena. Al momento, un solo giovane collega sta coprendo in sostituzione i turni degli altri. Da solo, sta cercando di coprire la domanda di un bacino che conta circa 6mila abitanti”.

E come se non bastasse, a tutto ciò si aggiunge pure “l’aggravio burocratico”: “C’è una continua richiesta di certificati medici per giustificare le assenza dal lavoro. Infatti chi vive a Lodi e lavora ad esempio a Milano viene sistematicamente allontanato dal posto di lavoro pur non provenendo dalla zona rossa, senza alcuna giustificazione. Insomma, siamo additati come untori”.

Vajani indica anche un’altra grave criticità: “la chiusura dei Pronto soccorso negli ospedali di Codogno e Casalpusterlengo nella zona rossa impone di trasferire i pazienti di tale zona ad altri ospedali e questo determina un rischio di contagio. Chiediamo dunque di allestire tende militari dove fare un triage preventivo ai pazienti prima di trasportarli altrove”.

Infine, la questione scuole: “Auspico che almeno per tutta la prossima settimana le scuole del lodigiano vengano mantenute chiuse, per evitare un’ulteriore diffusione del virus, e che vengano prolungate anche – conclude Vajani – le altre misure anti-contagio”.

(di Manuela Correra/ANSA)