ROMA. – In trincea, a fianco di cittadini e pazienti e contro il nuovo coronavirus, ma con le armi spuntate. Sono i medici lombardi del lodigiano, area che comprende le zone rossa e gialla per la maggiore diffusione del SarsCov2. Lavorano senza sosta ma in condizioni critiche: a disposizione, per la protezione personale, hanno solo 5 mascherine e due camici a testa. Ma le mascherine andrebbero cambiate ogni 8 ore ed il camice una volta al giorno.
A descrivere la sfida quotidiana di questi dottori in prima linea è il presidente dell’Ordine dei medici di Lodi, Massimo Vajani. “La zona rossa è quella dei comuni del basso lodigiano – racconta intervenendo a ‘Coronavirus – il punto’ dell’ANSA – ma anche Lodi, che è zona gialla, la eleverei almeno ad ‘arancione’ per il rischio contagio.
Proprio oggi, altri tre medici a Lodi hanno manifestato febbre e sintomi respiratori ed hanno subito fatto i tamponi, dei cui risultati siamo in attesa. I tempi però possono essere anche di 5-6 giorni e per questo chiediamo una corsia accelerata per i test dei sanitari, la cui presenza al lavoro è cruciale. La situazione, insomma, è in continua evoluzione”.
Il fatto è che proprio i medici “sono il primo vettore di trasmissione del virus. Eppure siamo assolutamente scoperti – è la sua denuncia – di tutti quei mezzi di protezione personale che ho sollecitato pesantemente ma che ci sono stati consegnati in misura molto ridotta: i medici per le aree rossa e gialla del lodigiano hanno ricevuto solo 5 mascherine con alto filtro protettivo e 2 camici a testa, ma noi siamo in ambulatorio quotidianamente e questi dispositivi ci bastano per non più di 5 giorni, salvo imprevisti”.
In questi giorni, proprio la gestione degli ambulatori sta diventando sempre più difficile: “Molti medici di famiglia sono in quarantena e dormono negli ambulatori stessi, ma continuano comunque a fare triage telefonico per agevolare i colleghi che stanno lavorando sul campo.
Il problema è che sono pochi: la zona rossa comprende 50mila abitanti e ci sono 45 medici in totale, ma ci sono zone come Castiglione d’Adda dove su 4 medici, 3 sono in quarantena. Al momento, un solo giovane collega sta coprendo in sostituzione i turni degli altri. Da solo, sta cercando di coprire la domanda di un bacino che conta circa 6mila abitanti”.
E come se non bastasse, a tutto ciò si aggiunge pure “l’aggravio burocratico”: “C’è una continua richiesta di certificati medici per giustificare le assenza dal lavoro. Infatti chi vive a Lodi e lavora ad esempio a Milano viene sistematicamente allontanato dal posto di lavoro pur non provenendo dalla zona rossa, senza alcuna giustificazione. Insomma, siamo additati come untori”.
Vajani indica anche un’altra grave criticità: “la chiusura dei Pronto soccorso negli ospedali di Codogno e Casalpusterlengo nella zona rossa impone di trasferire i pazienti di tale zona ad altri ospedali e questo determina un rischio di contagio. Chiediamo dunque di allestire tende militari dove fare un triage preventivo ai pazienti prima di trasportarli altrove”.
Infine, la questione scuole: “Auspico che almeno per tutta la prossima settimana le scuole del lodigiano vengano mantenute chiuse, per evitare un’ulteriore diffusione del virus, e che vengano prolungate anche – conclude Vajani – le altre misure anti-contagio”.
(di Manuela Correra/ANSA)